“Io investivo da fare tremare i muri”| Caccia al tesoro di Totò Riina

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31 Agosto 2014, 06:00

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PALERMO – I segreti di Totò Riina non finiscono mai. Come le sue ricchezze. Le ricchezze che gli hanno consentito di fare “ventiquattro anni di bella vita”. La sua è stata una lunga latitanza dorata e nonostante sia finita con l’arresto del 1993 ci sono ancora tanti misteri da svelare. A cominciare dalla ricostruzione del reticolo di interessi economici.

“Perché se recupero pure un terzo di quello che ho sono sempre ricco”, diceva Riina. C’è un tesoro da scovare, dunque. Sterminato e affidato a chissà quali prestanome. Un tesoro che va molto oltre i beni per miliardi di euro/lire che gli sono stati finora sequestrati. Le conversazioni del padrino corleonese con Alberto Lorusso, durante l’ora d’aria, sono state registrate dalla Direzione investigativa antimafia. Riina si è assunto, via via, la responsabilità di avere fatto saltare in aria Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Di avere ammazzato Carlo Alberto Dalla Chiesa e Rocco Chinnici. E di volere fare la stessa cosa con il pubblico ministero Nino Di Matteo. Ha raccontato di avere incontrato Giulio Andreotti, anche se nega il bacio con il politico ricostruito dal pentito Balduccio Di Maggio. Ha parlato della Trattativa fra lo Stato e la mafia, con ammissioni e smentite, seguendo un filo logico contorto. Volutamente contorto perché immaginava di essere intercettato?

Pagine e pagine di trascrizioni dove fanno capolino anche gli affari del padrino. Il 9 settembre dell’anno scorso Riina confidava al boss pugliese: “… ho fatto ventiquattro anni… di bella vita (il riferimento è alla lunghissima latitanza), di bella vita e di tutto… di tutto quello che c’era…”. Se l’è goduta assieme a coloro che gli stavano accanto, “tutti quelli che hanno le proprietà mie, tutti quelli che hanno i beni miei se li sono tenuti e se li tengono. Se li tengono e se li godono. Nessuno ha saputo. Nessuno lo sa. Nessuno sa tutte queste proprietà di.. Riina…”. Ecco, dunque, il mistero del tesoro: “Io ho fatto solo bene… so fare solo bene. Sono cosi e basta e non c’è niente da fare. Se recupero, recupero e se non recupero, pazienza. Se li gode la gente e i picciotti”.

Chi sono i picciotti? L’unico riferimento circostanziato Riina lo ha fatto tirando in ballo un parente: “… io ho delle proprietà, queste proprietà metà sono divise ogni mese, ogni mese ci vanno… perché? perché sanno che è mio nipote… sanno che è mio nipote… queste proprietà sono mie e di mio nipote, metà mia e metà di mio nipote”. Ed è parlando di alcuni terreni a Castelvetrano che nelle conversazioni ha fatto capolino un corleonese di ferro: “… una persona responsabile ce l’ho e sarebbe Messina Denaro. Però che cosa fa per ora questo Messina Denaro che lo non so più niente?”.

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Era stato affidato al latitante di Castelvetrano il compito di custodire le ricchezze di Riina? Il boss ha parlato di una “cassaforte che ho comprato e c’è rimasta… “ e di una valanga di investimenti: “Quelli di Palermo, di Palermo ce n’è assai… io investivo da far tremare i muri. La città tremava… picciotti io prendevo, prendevo ed investivo magazzini a questo, magazzini a quello”. Nel corso delle conversazioni Lorusso ha chiesto a Riina se potesse contare su “qualche persona, qualche maschio capace, qualche uomo capace” di gestire le ricchezze. E Riina è stato chiaro: “Ci sono, ci sono … non parlavo neanche con mio nipote di queste cose, mi crede”.

L’uomo a cui il padrino ha confidato la sua vita si è anche candidato, qualora fosse tornato in libertà, a gestire il patrimonio occulto: “Perciò voglio dire se quando esco ed è necessario … “. Riina lo ha quasi stoppato. Perché lui fa affidamento su “questo mio nipote” che “tra quattro anni circa dovrebbe uscire… ora… mio nipote era un consigliere nostro… per dire… un bel personaggio non è che… c’era la cassa di Binnu … l’aveva lui… perché c’era Binnu… viene lo zio Binnu…. dagli dieci milioni… mia moglie si è spaventata quando ha visto là… quella valigia sotto il letto. Mi diceva, mi disse: ma tu, ma tu… tu sei ricco. Ma chi te l’ha detto che sono ricco? (ride)… dice… chi me l’ha detto? Dice… io ho tirato la valigia… la valigia era piena”.

Le trascrizioni sono zeppe di spunti investigativi che vanno al di là del processo sulla Trattativa in cui sono stati depositati. Un bel da fare per il procuratore aggiunto Teresi e i sostituti Del Bene, Di Matteo e Tartaglia. Si va da personaggi misteriosi (“uno che aveva i soldi… nelle banche, ci andava ogni settimana”) ad una vicenda emblematica della diversificazione degli affari targati Riina: “Ho una farmacia che era intestata a uno, a sua volta questo l’ha intestata a sua madre, questo… io sto rimanendo un poco male… perché ci tengono, ci tengono nella cassaforte e gli ho messo i soldi. Ci ho infilato qualche duecentocinquanta milioni”.

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31 Agosto 2014, 06:00

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