29 Dicembre 2014, 06:14
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CATANIA. Dalla prostitute al viale Africa, al bimbetto intento a chiedere l’elemosina ai passanti per le vie del centro storico o al ragazzo affetto da malformazioni seduto in terra in via Etnea: Catania ne è ormai piena e in molti casi sono persone vittime di traffico umano.La tratta degli esseri umani intesa in tutte le sue forme quali sfruttamento sessuale, accattonaggio, lavorativo, coinvolgimento coatto in attività illecite è un reato che continua a prendere piede in maniera quasi incontrollata. Per ultimo, il recente fermo della “cricca” di romeni insieme alle ondate di sbarchi riflettono un fenomeno in aumento, spesso foraggiato dal silenzio e dall’indifferenza che lo avvolgono. A Catania l’associazione di volontariato ‘Penelope’ opera quotidianamente sul territorio con lo scopo di aiutare tutte le vittime di mercificazione umana, offrendo loro specifici programmi di protezione o dando loro la possibilità di fuggire dalle situazioni di sfruttamento in cui si ritrovano.
Ma in generale le attività di contrasto non sono certamente una passeggiata. Dietro i trafficanti si nascondono sempre pericolose organizzazioni criminali ed il racket. Le operazioni anti-tratta richiedono concreto supporto delle istituzioni. A tal proposito l’associazione Penelope insieme a tutte le altre associazioni italiane ed enti impegnati nelle attività anti-traffico hanno inviato una petizione alla Presidenza del Consiglio a difesa di tutte le vittime di tratta. Con Valentina Mantello, membro dell’associazione etnea, delineiamo un quadro nitido dell’attuale situazione nel nostro territorio. “ Prevalentemente – afferma – il traffico umano a Catania avviene per fini di sfruttamento sessuale. In passato, si era assistito ad una lieve diminuzione del fenomeno, il centro città era più svuotato ma adesso si è nuovamente riempito. Specie a seguito dell’inserimento della Bulgaria e della Romania nell’UE. Dunque, le nostre attività prevalentemente si rivolgono alle donne in strada anche perché nell’insieme è il lato del fenomeno più visibile e raggiungibile da noi operatori”.
Ma esiste poi anche tutto un mondo indoor che c’è ma non si vede . “Nelle zone più agricole – prosegue Mantello – dei paesi Etnei, per esempio, ci sono molti casi di sfruttamento, anche minorile, questo ridotto in condizioni quasi di schiavitù ed è riconducibile alle tratte umane. Ma anche nei centri massaggi, nelle case; è tutto un lato – dice – sul quale noi non riusciamo ad agire a meno che non veniamo veicolati dalle forze dell’ordine che individuano il traffico a seguito di blitz o indagini”.
Nei primi sei mesi del 2014 l’associazione Penelope di Catania ha preso in carico circa quaranta vittime di tratta provenienti dalla Libia e condotte in Italia con l’inganno, a segnalarle e ad individuarle sono state le forze dell’ordine di Ragusa. Le vittime trafficate erano state inizialmente accolte al centro immigrazione di Pozzallo. Dopo aver denunciato i loro trafficanti, per loro sono immediatamente scattati i programmi di protezione. “ Realizziamo questi programmi – aggiunge Mantello – per tutte le vittime di tratta, sia uomini che donne. In primo luogo, avviene l’aggancio attraverso le nostre unità di strada e gli sportelli drop-in a bassa soglia: questo ci permette di stabilire intanto relazioni di fiducia con le vittime. Qualora poi loro esprimano la volontà di essere tirate fuori dalle situazioni di sfruttamento si procede anche con l’allontanamento. Segue poi un percorso di denuncia dei trafficanti. Noi li aiutiamo – continua – ad ottenere anche il permesso di soggiorno e vengono accompagnati in un processo d’integrazione, attraverso la stabilizzazione, formazione e professionalizzazione. Tutto poi può variare in base alla volontà della vittima”.
Ma gli sforzi per portare avanti l’associazione sono davvero enormi. Lo scopo della petizione infatti è di sensibilizzare il governo e le istituzioni ad occuparsi concretamente del problema. Negli ultimi anni, come ribadito nella petizione, non verrebbero più disposte adeguate risorse per il coordinamento degli interventi finalizzati a contrastare un fenomeno che riguarda tutti, perché lesivo della dignità umana. “C’è totale disinteresse e disattenzione – attacca Mantello – nei confronti di questo problema. Quando avvengono gli sbarchi ci si indigna e ci si riempie la bocca considerando queste come povere vittime di tratta, ma poi nei fatti non si fa nulla”. I programmi vengono realizzati attraverso i bandi promossi dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, ma “ l’ultimo bando – precisa ancora Mantello – risale al 2013. Da allora andiamo avanti a proroghe. Il sistema anti-tratta in Italia sta morendo, il Dipartimento ha finito per diminuire lo stanziamento di risorse a fronte di un problema crescente. Andando avanti così, – incalza – ci ridurremo a non avere più neanche le risorse sufficienti per agganciare le vittime. Noi facciamo di tutto con grande spirito volontaristico, ma un problema simile ha bisogno del supporto delle istituzioni e del governo. Occorre mettere a regime un vero sistema anti-tratta”.
Ma il problema non riguarderebbe solo il governo ma anche l’amministrazione. Secondo il parere dell’associazione, verrebbero date risposte non sempre adeguate alla reale tipologia del problema. “Spesso – evidenzia Mantello – si assimila erroneamente il fenomeno. Lo si considera alla stregua della prostituzione o in genere ai problemi legati al decoro urbano o di ordine pubblico. Pertanto, non si interviene rispetto al problema come si dovrebbe. Finora, da un punto di vista operativo c’è stata comunque una buona collaborazione con l’amministrazione. Le direzioni coinvolte sono quelle della Cultura e delle Politiche Sociali, abbiamo anche un costante rapporto con l’ufficio immigrati ‘Casa dei Popoli’. L’amministrazione cofinanzia mediante beni e servizi le nostre attività. Ma da un punto di vista politico non si capisce ancora – conclude Mantello – in che direzione stiamo andando rispetto al problema”.
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29 Dicembre 2014, 06:14