01 Marzo 2018, 13:09
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PALERMO – C’è una Sicilia da sogno, dove i treni sono nuovi di zecca e viaggiano veloci, la metropolitana corre lunga e diritta sotto terra nelle grandi città, le autostrade fanno venir voglia di metterti in marcia e su per le montagne strade in ottime condizioni ti accompagnano verso scenari mozzafiato. È una Sicilia moderna, ben collegata, senza buche, restringimenti, strade e ferrovie interrotte e convogli lumaca. Dove si trova questo paradiso? Al momento solo sulla carta, nelle pagine del Def, il Documento economico e finanziario del governo regionale, arrivato all’Ars nei giorni scorsi.
Il documento per la verità parte da un’impietosa fotografia della realtà. Con un dato richiamato già nelle prime righe. Quello dell’indice di infrastrutturazione, che vede la Sicilia penultima in Europa dopo la Calabria. Il dato siciliano è la metà di quello della Liguria. Poco dopo, il governo ricorda come gli investimenti infrastrutturali finanziati dallo Stato siano in netto calo.
E così la giunta dedica un’ampia sezione del Documento, il testo propedeutico al bilancio e alla finanziaria, incentrata su infrastrutture e trasporti. “Nel settore dei trasporti – si legge – occorre aprire immediatamente una ferma trattativa col Governo nazionale mirata a migliorare la competitività del sistema economico e produttivo siciliano con la drastica riduzione dei costi di insularità”. Il che significa anzi tutto potenziare porti e aeroporti. Ma ci sono anche le strade e le ferrovie, con i loro atavici ritardi. Il primo dato che emerge è quello delle 120 opere pubbliche finanziate, iniziate e rimaste incomplete e dei 437 progetti di infrastrutturazione civile immediatamente cantierabili. Per sbloccare l’impasse si pensa all’immancabile “cabina di regia” che dovrà “monitorare le opere incompiute e quelle cantierabili e, al tempo stesso, capire quali sono i reali ostacoli che ne hanno impedito la realizzazione”. Basterà? E soprattutto, quanto tempo le occorrerà?
Già, il tempo. Che passa tra cantieri che aprono e chiudono mentre il ritardo infrastrutturale dell’Isola. Che dispone di una mole ingente di somme, almeno sulla carta, per cambiare volto nel giro di pochi anni. Il Def, infatti, passa in rassegna tutti gli interventi futuri per i quali ci sono già finanziamenti. L’elenco è davvero magniloquente. Si parte dal “massiccio piano di rinnovo del materiale rotabile ferroviario”, per il quale la Regione dispone di 287 milioni di euro. Poi ci sono gli interventi per la mobilità su ferro, come la tratta metropolitana della ferrovia Circumetnea dalla stazione Stesicoro all’aeroporto di Catania per un importo di 492 milioni e la chiusura anello ferroviario di Palermo, circa 250 milioni. E ancora su Catania metropolitane interrate, il prolungamento della pista dell’aeroporto e altro, si parla di 861 milioni.
Viaggiare in treno è un incubo? Niente paura. Ci sono i fondi per il raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo sulla Messina-Catania, opere che termineranno nel 2028 se tutto va bene. E ancora i 900 milioni per il raddoppio ferroviario tra Fiumetorto e Castelbuono. E soprattutto l’agognata velocizzazione della linea ferroviaria Palermo-Trapani, con il ripristino della circolazione sulla linea via Milo interrotta dal 2013, una ferita mai suturata che oggi esclude la possibilità di recarsi nel capoluogo via treno da Trapani, perché ci vuole più o meno il tempo che serve per arrivare a New York volando. Ci sono 34 milioni stanziati dal Cipe, più altre risorse per un totale di 144 milioni. Se ne vedrà la fine?
Poi ci sono 90 milioni per la Caltagiorne-Gela. E poi interventi alle strade di montagna (Madonie e Nebrodi) e di sicurezza negli aeroporti di Trapani e Palermo. E ancora ecco una valanga di interventi finanziati nell’ambito del Patto per il Sud, dell’accordo di programma quadro Anas-Regione-Stato, dall’accordo rafforzato per la viabilità provinciale con 90 milioni sul piatto, dal Piano operativo Infrastrutture (soldi per tangenziali, strade statali come al Palermo-Agrigento e la Gela-Catania).
C’è insomma di che cambiare il volto dell’Isola. Eppure, il timore che tutto rimanga solo un libro dei sogni è tangibile. Qualche giorno fa il presidente di Ance Sicilia ha chiesto un intervento forte al governo regionale per scongiurare che lo Stato si riprenda o blocchi “soldi stanziati per costruire infrastrutture che la Sicilia attende da 40 anni”. I costruttori in quell’occasione hanno proposto un lungo quaderno delle doglianze. Il Cipe, evidenzia il presidente di Ance Ragusa Sebastiano Caggia, “ha bloccato i 450 milioni di euro già stanziati dallo Stato per il raddoppio della Catania-Ragusa; è fermo il miliardo di euro destinato al primo completamento della Siracusa-Gela (tratto Rosolini-Modica-Ragusa); la ferrovia Ragusa-Siracusa e la Ragusa-Xirbi in direzione Palermo sono a binario unico non elettrificato dal 1886; i 47 milioni di euro spesi per l’aeroporto di Comiso si perdono con la messa in liquidazione della società di controllo Intersac perché non vengono assegnati i 7,5 milioni necessari a garantirne il funzionamento fino al 2020; e sono bloccati i fondi per completare il porto di Pozzallo”. Cutrone ricorda anche “la Agrigento-Palermo col nuovo viadotto Scorciavacche ancora crollato; la promessa da marinai dell’Alta velocità al Sud; la ferrovia Trapani-Palermo chiusa da due anni; il piano Anas di manutenzione straordinaria per 875 milioni rimasto sulla carta; la frana di Letojanni che chiude una corsia della Catania-Messina; la mai completata Agrigento-Caltanissetta col collegamento alla Palermo-Catania; i fondi della Nord-Sud che sembrano come i carri armati di Mussolini mentre metà della Sicilia resta isolata dal resto del mondo e anche i fondi per la Trapani-Mazara del Vallo vanno e vengono come in una commedia di Goldoni”.
Fondi ballerini, che non si traducono in opere in grado di rimettere la Sicilia in pari con le zone più sviluppate del Paese. E quando i cantieri aprono, c’è sempre il rischio che il lavoro rimanga a metà. Le 159 incompiute siciliane individuate dal Sistema informatico di monitoraggio delle opere incompiute del ministero delle Infrastrutture, oggetto di una recente interrogazione parlamentare di Riccardo Nuti, valgono qualcosa come mezzo miliardo.
“Libro sei sogni? No, il 2020 sarà l’anno dell’apertura di cantieri importanti”, dice l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone. “Il Cipe ieri ci ha assegnato 180 milioni con una delibera. Dieci milioni per l’acquisto di altri 50 pullman per il trasporto pubblico locale, che si aggiungono a quelli già acquistati con un investimento di 60 milioni. E poi 66 milioni per le dighe e più di 100 milioni per strade statali (Agrigento-Palermo e Nord-Sud)”.
Una pioggia di milioni. Che per la verità va avanti da un pezzo. Ma fatica a tradursi in opere. “Noi abbiamo veramente tante risorse – risponde Falcone -, purtroppo ci sono stati dei ritardi dei soggetti attuatori o gestori. Ecco perché abbiamo stimolato l’Anas in queste settimane. Malgrado gli sforzi recenti, dobbiamo fare ancora dei passi avanti. Abbiamo opere finanziate per le strade siciliane per più di quattro miliardi. L’Anas deve progettare immediatamente ed entro il 21 dicembre 2019 dobbiamo avere l’obbligazione giuridicamente vincolabile, cioè avere già individuato il contraente”.
Tanti fattori rallentano la realizzazione delle opere: “La non certezza delle risorse finanziarie, la lungaggine della progettazione, l’assenza del necessario pungolo da parte della Regione verso i soggetti attuatori – enumera Falcone -. Le Province hanno 220 milioni di euro da investire e ne hanno impegnato sì e no il 10 per cento. Lì c’è un problema di assenza di risorse tecniche per progettare. Il Cas ha appena tre tecnici per gestire 302 chilometri di autostrada”. Già, il Cas. Si fonderà con l’Anas come progettava il governo Crocetta? “Stiamo facendo delle verifiche e degli approfondimenti. Di certo il Consorzio non può essere svenduto”, risponde Falcone.
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01 Marzo 2018, 13:09