09 Novembre 2017, 11:49
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PALERMO – Nuove accuse per il cittadino eritreo estradato dal Sudan due anni fa e ritenuto dalla Procura di Palermo tra i capi di una delle principali organizzazioni criminali che gestiscono la tratta dei migranti tra il nord Africa e l’Europa. Il pm Gery Ferrara ha depositato un’attività integrativa di indagine alla Corte d’assise di Palermo, che celebra il processo all’eritreo accusato di associazione a delinquere finalizzata alla tratta e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si tratta delle intercettazioni di tre conversazioni che l’imputato ha avuto col cellulare sequestratogli al momento dell’arresto e di alcune chat Facebook. La Procura ha anche chiesto, tramite il Ministero degli Esteri, l’estensione dell’estradizione concessa per l’africano e la modifica del capo di imputazione. L’eritreo è in carcere dal giugno del 2016, dopo l’arresto avvenuto a Khartoum. I suoi legali sostengono che l’uomo finito sotto processo è in realtà un falegname che nulla ha a che fare con l’organizzazione di trafficanti e che aveva l’intenzione di imbarcarsi per l’Italia su uno dei tanti barconi di disperati che fuggono dall’Africa. Per gli avvocati il vero nome dell’arrestato è Mehdanie Tasfamariam Behere e non Mered Yedhego Medhanie come inizialmente emerso dall’indagine. Ma, secondo l’accusa, l’imputato avrebbe una serie di alias sfruttati per nascondere la sua vera identità. La Procura, che ha prodotto intercettazioni, perizie foniche e le rivelazioni di un pentito a carico dell’eritreo, non ha dubbi sul suo ruolo nella banda che gestisce la tratta. (ANSA).
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09 Novembre 2017, 11:49