26 Settembre 2013, 18:08
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PALERMO – Trentasette pagine per chiedere la condanna del Governo italiano. La condanna per avere reso un “trattamento carcerario inumano” a Bernardo Provenzano. I legali del padrino corleonese, avvocati Rosalba Di Gregorio e Franco Marasà, hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Che ha già risposto, facendo sapere ai due penalisti di avere chiesto alle autorità italiane di conoscere quali sono le attuali condizioni di salute del detenuto, i trattamenti sanitari a cui è sottoposto e quali sono i suoi procedimenti giudiziari ancora in corso.
Il governo italiano dovrà rispondere entro il 15 ottobre. Di certa, in questa faccenda, c’è già un punto fermo: la celerità dei tempi imposti dall’Europea a dispetto di una giustizia italiana, in generale e al di là del caso Provenzano, troppo lentezza. Tre i passaggi fondamentali del ricorso, tutti racchiusi nelle conclusioni nelle quali i due legali chiedono alla Corte che “in ragione del grave peggioramento delle condizioni di salute del detenuto, dichiari che c’è stata violazione dell’ art. 3, con riguardo alla protrazione dell’esecuzione della pena e al mantenimento del regime di cui all’art. 41 bis che contrastano con il basilare senso dell’umanità, risultano lesivi del fondamentale diritto alla salute e impediscono il normale regime trattamentale”.
Altro passaggio del ricorso: “La Corte voglia declarare la violazione della Convenzione nella parte in cui deve riconoscersi la natura di ‘trattamento inumano o degradante’ alle insufficienti e inadeguate cure mediche fornite al Sig. Bernardo Provenzano prima nella Casa circondariale di Novara dove era detenuto e, successivamente, nella Casa di reclusione di Parma dove è stato trasferito e si trova ad oggi”. Infine la stoccata. I legali chiedono alla Corte che a Provenzano venga riconosca “una equa riparazione, comprensiva dei danni patrimoniali e morali subiti, oltre che delle competenze e spese di causa”.
Provenzano, insomma, presenta il conto allo Stato per essere stato sottoposto al regime del carcere duro mentre le sue condizioni erano e sono state dichiarate gravi. Il 9 settembre scorso il giudice per le indagini preliminari di Palermo, Piergiorgio Morosini, ha disposto una nuova perizia per valutare le condizioni di salute Provenzano. Una decisione quella del Gip sollecitata indirettamente dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna che nei giorni precedenti aveva stabilito che Provenzano deve rimanere al 41 bis, considerandolo ancora in grado di comunicare con l’organizzazione e questo lo rende socialmente pericoloso.
I magistrati bolognesi avevano addirittura ipotizzato che Provenzano sia un simulatore: “Non è chiaro quanto ci sia di autentico e quanto di intenzionale nella sua manifestata incapacità di intendere e di volere”. Provenzano potrebbe dunque essere capace di comunicare con l’esterno, nonostante la malattia. Perché la malattia dell’ergastolano boss è faccenda ormai assodata. Tanto che lo stesso Morosini aveva così deciso di sospendere la posizione processuale del capomafia da quella degli altri imputati rinviati a giudizio nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.
I periti nominati dal Gip, a marzo scorso, conclusero, infatti, che “il signor Provenzano risulta affetto da una sindrome parkinsoniana rigido-acinetica di grado severo, associata a postumi disabilitanti di ematoma subdurale (si tratta dei postumi della caduta del boss avvenuta in carcere ndr). È pertanto da escluderai una capacità anche minimale di partecipare coscientemente all’udienza”. Ed è anche sulla basi di quelle perizie che gli avvocati Di Gregorio e Marasà adesso chiedono l’intervento della Corte europea per i diritti dell’uomo.
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26 Settembre 2013, 18:08