26 Aprile 2016, 20:02
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PALERMO – Chissà se Carlo Azeglio Ciampi riuscirà a presentarsi. Anziano e malato com’è. È stato citato come testimone il 16 e 17 giugno prossimo dalla Corte d’assise di Palermo che si sposterà in trasferta nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.
C’è da chiedersi se e cosa potrà aggiungere il novantaseienne presidente emerito della Repubblica rispetto a quanto giù riferito nel 2010. Già sei anni fa, infatti, Ciampi era stato sentito dall’allora procuratore di Palermo Francesco Messineo, dall’aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Paolo Guido e Antonino Di Matteo, che è l’unico pubblico ministero rimasto a rappresentare l’accusa fra i presenti in quell’audizione. Ciampi rassegnò ai pm le sue paure per un possibile colpo di Stato, quando nel luglio del 1993 esplosero le bombe nelle basiliche di San Giovanni Laterano e San Giorgio in Velabro a Roma. Una paura che aumentò per via di uno strano black-out ai telefoni di Palazzo Chigi. Nessun riferimento, neppure lontano, a trattative o indicibili accordi.
Ciampi era il presidente del Consiglio nel governo che, secondo la ricostruzione dell’accusa, si macchiò della colpa di non rinnovare oltre trecento provvedimenti di carcere duro per altrettanti mafiosi. Un tassello decisivo del presunto e scellerato patto tra i boss e le Istituzioni. Fu una decisione in “solitudine ”, disse Giovanni Conso, presidente emerito della Corte costituzionale e ministro della Giustizia di quel governo. Conso finì pure sotto inchiesta per false dichiarazioni ai pubblici ministeri. Per scoprire come sarebbe andata a finire la sua vicenda giudiziaria, avrebbe dovuto aspettare la fine del troncone principale del processo. “Morirò prima di arrivare a capire di cosa sono accusato”, disse un paio di anni fa. “Tenga conto che io ho una età che ormai si avvicina più ai cento che agli ottanta”, aggiunse Arnaldo Forlani. Insomma, senza correre il rischio di apparire come portatori di funesti presagi, più che un processo è una corsa contro il tempo.
Di anziani ce ne sono parecchi nella lista dei testimoni, compresi Ciampi, Forlani e Giorgio Napolitano. Una lista che comprendeva 180 persone (ne restano da sentire una trentina fra i citati dai pm), a cui vanno aggiunti i 60 chiamati sul banco dei testimoni dai difensori degli imputati. Insomma, di tempo ne dovrà trascorrere ancora parecchio. Fortunatamente sul processo non incombe la tanto chiacchierata prescrizione. I reati contestasti – il concorso esterno contestato a Massimo Ciancimino – e le aggravanti per l’attentato al corpo dello Stato spostano in avanti di un decennio il limite massimo per chiudere il processo.
È possibile che Ciampi, viste le sue condizioni di salute dia forfait. Non dovrebbe, però, essere una trasferta a vuoto, visto che a giugno sono stati citati anche l’ex premier Giuliano Amato e il magistrato Liliana Ferraro che prese il posto di Giovanni Falcone alla guida degli Affari Penali dopo la strage di Capaci.
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26 Aprile 2016, 20:02