22 Giugno 2017, 10:45
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PALERMO – La condanna pesantissima diventa definitiva. La Cassazione ha deciso che Hamid Davudi deve restare quattro anni e sei mesi in carcere per omicidio colposo. Lo hanno arrestato ieri sera dopo il verdetto. Dovrà risarcire con una provvisionale da un milione di euro ai parenti della giovane vittima. Il danno definitivo sarà stabilito in un processo a parte.
C’era lui alla guida della macchina che falciò e uccise un ragazzo di 19 anni, Giovanni Leonardo. I difensori hanno sempre sostenuto che l’impatto fu inevitabile e la colpa non era dell’imputato. Una linea che non ha convinto i giudici di primo e secondo grado, e della Cassazione che ha reso definitiva una delle pene più alte mai inflitte per un omicidio colposo. Va considerato infatti che la pena è stata ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato.
Davudi era ubriaco al volante quando impattò con la sua Bmw contro il ciclomotore di Leonardo. La notte del 25 novembre 2012 il ragazzo, che lavorava come aiuto piazzaiolo in un locale di Monreale, stava percorrendo via Saitta Longhi. Questa la ricostruzione di quella terribile notte. Giovanni ha finito il suo turno di lavoro. Abita a Piano Geli, nella zona di San Martino delle Scale. Prima di rientrare decide di fare una tappa da un amico in via Saitta Longhi. Chiacchierano qualche minuto. Poi, l’amico, vista l’ora tarda, sono già le tre di notte, gli propone di accompagnarlo in macchina. Giovanni accetta. Il garage è a poche decine di metri. Giovanni sale sullo scooter. L’amico si incammina a piedi ed assiste all’arrivo di quello che a verbale definirà “un treno impazzito, che percorreva la strada a velocità spaventosa”. Giovanni viene speronato. Fa un volo di decine di metri. I soccorsi sono inutili. Muore sul colpo. I vigili urbani sottopongono l’imputato all’alcool test. Il macchinario, però, è rotto. L’esame sarà eseguito alcune ore dopo, intorno alle sette, e confermerà, nonostante sia passato parecchio tempo dall’impatto, che Davudi aveva in corpo più alcool del consentito.
Gli esperti stabiliranno pure che avrebbe percorso via Saitta Longhi a novanta chilometri contro i 30 previsti dal codice. E le luci della sua Bmw non avrebbero illuminato a sufficienza la strada. I familiari di Giovanni si sono costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Tommaso De Lisi, Elvira Rusciano e Fabio Bosco che si sono opposti con fermezza alla richiesta di patteggiamento dell’imputato. In primo grado il pubblico ministero chiese 2 anni e quattro mesi. Il giudice per l’udienza preliminare Maria Pino usò, però, il pugno duro. La pena salì a quattro anni e sei mesi, ridotta di un terzo per la scelta del rito. Non è passata la linea difensiva, secondo cui la strada era stretta e buia e che l’incidente non era evitabile. I legali della difesa avevano anche sostenuto che l’esame del tasso alcolemico eseguito a distanza di ore non poteva escludere che l’imputato avesse bevuto dopo l’incidente.
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22 Giugno 2017, 10:45