Tre buoni motivi |per non dire un’ovvietà

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26 Febbraio 2014, 15:29

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L’uscita dell’assessore Ester Bonafede certo fa discutere. E di questi tempi non potrebbe essere diversamente. Ma il tema sollevato dall’assessore merita forse un ragionamento, al di là delle comprensibili reazioni “di pancia” scatenate dalle frasi sullo stipendio di 5.440 euro netti ritenuto troppo basso.

In primo luogo, è opportuno spiegare di cosa si sta parlando. Fino al dicembre scorso, gli assessori regionali, anche se non deputati regionali, percepivano lo stesso stipendio dei novanta eletti all’Ars. La cifra si aggirava intorno ai novemila euro netti, lira più lira meno. Poi, la legge sulla spending review ha recepito i paletti del decreto Monti, cioè il tetto degli 11.100 euro lordi per consigliere regionale. Solo che la cifra corrisposta ai deputati si compone di due voci. Una è l’indennità, cioè lo stipendio vero e proprio, quindi tassabile, che ammonta a 6.600 euro. L’altra è la diaria, il rimborso esentasse, che ammonta a 4.500 euro. In questo modo, le buste paga dei deputati viaggiano ancora intorno agli ottomila euro netti.

Questo è quanto accade per i deputati. Agli assessori, invece, l’Ars ha riservato uno scherzetto. La somma corrisposta ai membri della giunta, riferisce la Bonafede, è interamente tassata. Non c’è al suo interno il rimborso esentasse che i deputati hanno riconosciuto a se stessi.

Il risultato è quello raccontato dall’assessore. E cioè che chi esercita una responsabilità di governo guadagna circa 2.500 euro netti in meno di un deputato semplice. Magari di uno che all’Ars si fa vedere una volta ogni tanto, magari di uno che in una legislatura presenta zero disegni di legge e zero interrogazioni (gli annali di Sala d’Ercole sono pieni di questi monumenti viventi all’inattività).

Sì, un assessore riceve in busta assai meno del deputato ics (che però – è bene ricordarlo – è stato eletto, l’assessore esterno no). E persino del suo capo di gabinetto, dice la Bonafede. Che tira in ballo anche i commessi: quelli dell’Assemblea regionale a un certo punto arrivano a guadagnare cifre vicine ai quattromila euro netti al mese, non lontani dalla busta paga dell’assessore.

Ora, è davvero difficile, esercitando raziocinio e buon senso, non ammettere che tutto questo sia per lo meno strampalato. Chi scrive è consapevole dell’impopolarità di tale affermazione, ma nel merito, esercitando un minimo di onestà intellettuale, è arduo negare che la Bonafede abbia qualche ragione. Almeno fino a quando i superburocrati della Regione guadagneranno il doppio e più dei loro assessori.

Eppure, le frasi dell’assessore hanno scatenato un putiferio. Lo leggiamo nei vostri commenti, lo vediamo nelle prime reazioni politiche che cominciano a farsi sentire. E certo la cosa non stupisce.

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Perché, sì, dire che è strano che un assessore guadagni meno del suo capo di gabinetto o di un deputato qualsiasi è in fondo un’ovvietà. Ma almeno tre ordini di obiezioni sorgono di fronte all’uscita dell’assessore Bonafede.

La prima è un’obiezione di opportunità legata ai tempi. Che sono quelli della crisi e della disperazione per tante famiglie siciliane. Quando si finisce a zero euro, quando mancano i soldi per comprare le scarpe ai propri figli, si è poco propensi a ragionamenti di fino, e le contumelie di chi guadagna 5.440 euro al mese accendono un’ira cieca – e comprensibile – quasi in automatico.

La seconda è un’obiezione di strategia comunicativa conseguente alla prima. In un momento come questo, sarebbe stato senz’altro più prudente affermare non che gli assessori guadagnano troppo poco, ma che i deputati guadagnano ancora troppo. Se era questo che l’assessore voleva dire, sarebbe stato meglio dirlo con altre parole, magari avrebbe persino strappato qualche applauso.

L’ultima e più seria delle obiezioni riguarda il “riconoscimento economico proporzionato al lavoro svolto” di cui parla l’assessore. Ecco, ammettiamo pure che 5.440 euro siano pochi per un lavoro come quello dell’assessore regionale. Crediamo che se quel lavoro fosse svolto in modo efficace, dando risposte concrete ai siciliani, questi ultimi sarebbero probabilmente ben lieti di pagarlo anche di più. Se tanta rabbia e tanta indignazione si solleva di fronte a una frase come quella dell’assessore, è soprattutto perché la gente percepisce ormai le istituzioni regionali come un apparato di gigantesca inutilità, del tutto incapace di fornire una risposta che sia una ai bisogni della collettività.

Ecco perché, paradossalmente, pensare quello che ha detto la Bonafede è anche lecito. Dirlo, così e adesso, forse no.

 

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26 Febbraio 2014, 15:29

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