Trentamila euro nel comodino| Il business dei falsi incidenti

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16 Maggio 2019, 05:33

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PALERMO – Nel comodino della camera da letto di Salvatore Andrea Cintura c’erano trentamila euro in contanti. I carabinieri all’alba di ieri sono andati ad arrestarlo nella sua abitazione, nel rione Cruillas, e hanno trovato un tesoretto. I militari lo hanno sequestrato, convinti che sia una parte dei guadagni illeciti. Una piccolissima parte, a dire il vero, dei due milioni di euro di indennizzi pagati dalle compagnie di assicurazione nell’ultimo biennio.

Andavano a gonfie vele gli affari di Cintura e di Luca Reina, che tutti chiamano l'”avvocato”, e che in realtà è il titolare della Ellerre srl. Secondo la Procura, sarebbero loro i capi dell’organizzazione che truffava le compagnie: incidenti falsi, ma fratture vere.  

Al civico 74 di via Leonardo da Vinci, sede della società di Reina, si occupavano di gestire le pratiche burocratiche, di seguire la parte amministrativa ed economica degli incidenti. Il lavoro sporco, a cominciare dal reclutamento della vittime, era di competenza di Cintura abile a fiutare situazione di disagio economico, spesso di disperazione, da un osservatorio speciale qual è la sua agenzia di scommesse di via Pietro Scaglione.

Quello ricostruito dai carabinieri del Nucleo investigativo di Monreale, guidati dal maggiore Augusto Ruggeri, è un vorticoso giro di denaro con un minimo comune denominatore: i soldi pagati dalle compagnie di assicurazioni finivano su conti correnti che nulla avevano a che fare con le vittime degli incidenti.

Cinquanta mila euro ad esempio sono stai accreditati sul conto corrente della moglie di Reina, Paula Alexandrina Marc, che nei dieci giorni successivi all’incasso faceva più prelievi in contanti al bancomat.

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Altri 48 mila euro relativi ad un altro indennizzo sono stati versati sul conto corrente di una amica di Cintura, Brigitte Ammannato, da cui sono stati poi eseguiti alcuni bonifici: 10 mila euro in favore di Antonino Corona, 12 mila di  Luca Reina, 6 mila di Paula Alexandrina.

Il lavoro non mancava. “Mi stressano, tutta la famiglia Cintura mi chiama, Salvo, Domenico, Marcello… mi stressano proprio…”, diceva Antonino Buscemi che reclutava la gente disposta farsi spezzare le ossa. Tanto lavoro, tanti soldi: “…niente ora hanno per ora a uno… che gli hanno rotto, piede, femore e polso ed è una pratica da duecentomila euro e siccome era scappato questo, si era andato a chiudere al manicomio, perché era impazzito… no già è operato e finito, hai capito? Aspettano solo che entrano i soldi, siccome sono duecentomila euro, si spaventano che scappa. Capito? E lo fanno dormire la e gli danno a bere, a mangiare… centomila, però sono tre i soci, trentamila l’uno…”.

Un altro caso disperato, dove la disperazione diventa consapevolezza e complicità da parte delle vittime dei finti incidenti.

 

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16 Maggio 2019, 05:33

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