04 Luglio 2014, 20:30
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PALERMO – La fotografia, più o meno, è sempre quella. L’istantanea di ciò che non cambia mai. A parte qualche faccia. Qualche nome. Ma resta il dato. Anzi, i dati. A descrivere uno degli effetti più “concreti” dell’autonomia siciliana. Una pubblica amministrazione enorme. E in molti casi, privilegiata.
Per carità, in tanti storceranno il naso. E parleranno di populismo. E ricorderanno che “la Sicilia svolge ruoli che altrove vengono svolti dallo Stato”. Certo. Sacrosanto. Vero, solo in parte. Perché i numeri raccontano una verità che, quasi ogni anno, imbarazza un po’. E giustifica, in un certo senso, persino le esagerazioni dei giornali e delle tv.
I numeri in questione, ad esempio, sono quelli forniti dalla Corte dei conti, in occasione del giudizio di parifica dell’esercizio 2013. E basterebbe un dato per chiuderla qui. In Sicilia lavora un terzo dei dirigenti di tutta la Penisola. Un terzo, solo qui. In una sola delle Regioni italiane. Sono 1.813 i dirigenti della Regione. Mentre il personale non dirigenziale ammonta a 15.725 unità. Insomma, un dirigente “dirige” un’orchestra composta in media fa 8,67 funzionari o istruttori. Un lusso, tutto siciliano. Se si pensa che il numero complessivo dei dirigenti delle Regioni ordinarie è di poco superiore a quello della sola Sicilia (2.172 unità), a fronte di 36 mila dipendenti non-dirigenti. In questo caso, il rapporto tra dirigenti e dipendenti “semplici” è addirittura di 1 a 16. Sarà colpa dello Statuto speciale? Pare proprio di no, considerato il fatto che per le altre Regioni non ordinarie, il rapporto sale ancora: un dirigente su 19 dipendenti.
Ma non è solo una questione di numeri. “Tra le anomalie più risalenti – scrive infatti la Corte dei Conti – permane, ancora, la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 42 del contratto collettivo di lavoro regionale della dirigenza a garanzia della retribuzione dei dirigenti coinvolti nei percorsi di riforma organizzativa”. Per farla breve, i dirigenti che vengono “disarcionati” dalla guida di un ufficio per moltivi organizzativi o di semplice spoil system, in base a questa norma devono ricevere un incarico di pari livello, anche dal punto di vista economico. Una norma, scrivono i giudici contabili, che va “in controtendenza rispetto agli indirizzi legislativi nazionali, che, invece, hanno previsto la sostanziale abolizione degli analoghi istituti di salvaguardia”. Un privilegio tutto siciliano, insomma anche questo.
E per i giudici contabili, oltre a essere tanti e a essere destinatari di provilegi anacronistici, i dirigenti (ma il discorso è allargato anche ai dipendenti del comparto) costano pure parecchio. “La spesa complessiva per i soli emolumenti fondamentali del personale (dirigenziale e del comparto) a tempo indeterminato fa registrare nel 2013 una lievissima flessione (-0,5%), che si aggiunge a quella più significativa del 2012 (pari al 4,1% rispetto al 2011), ma resta assai sostenuta in riferimento ai valori assoluti assunti negli anni”. Spesa dovuta ovviamente agli stipendi dei dirigenti. Ma quanto guadagnano, davvero, i dirigenti della Regione siciliana? La Corte dei conti illustra alcuni “dati medi”. Stipendi che si basano su un trattamento “fondamentale” e uno accessorio. La media per i dirigenti della Regione ammonta a 62 mila euro annui per il primo e quasi 21 mila euro per il secondo. Insomma, lo “stipendio medio” del dirigente regionale è di circa 83 mila euro annui. Somme assai lontane, invece, da quelle destinate ai dipendenti del cosiddetto “comparto” (cioè ai “non dirigenti). Per loro, spesso fiondati nel calderone dei privilegi, ecco un trattamento economico “medio” complessivo di 29 mila euro annui.
Spese “sostenute”, spiega la Corte. Nonostante i tentativ idi riduzione nel salario dei regionali. I numeri, invece, raccontano altro: “La flessione in termini assoluti della spesa complessiva per le retribuzioni registrata nel 2013 – scrivono i giudici contabili – è poco significativa (1,5%, al netto dei pagamenti relativi ad anni precedenti), da imputarsi a fattori contingenti e al lieve calo del dato occupazionale; d’altra parte, ciò non appare del tutto fisiologico e proporzionato, atteso che i valori della retribuzione media pro-capite segnano complessivamente solo una lievissima flessione, e che la voce aggregata relativa agli emolumenti medi fondamentali del personale a tempo indeterminato registra addirittura un incremento (+1,6%)”.
Eppure, nonostante questa “spesa sostenuta” per le retribuzioni, la Corte segnala anche una disparità di trattamento tra i dirigenti generali interni ed esterni. La Regione non ha aumentato il numero di questi ultimi, confermando i tre presenti già l’anno scorso (Monterosso, Palma e Lupo). Ma secondo i giudici contabili, appunto, “continua a sussistere una particolare diversità di trattamento economico, poiché gli emolumenti di quelli interni all’Amministrazione regionale sono previsti dal contratto collettivo di lavoro, mentre quelli attribuiti agli esterni sono oggetto di libera determinazione entro un limite massimo, pari a 250 mila euro per anno”. Questa diversità, a dire il vero, dovrebbe essere stata superata dalla norma voluta proprio da Crocetta, che fissa a 160 mila euro (ma solo della parte imponibile) lo stipendio dei dirigenti. “Il limite vale anche per gli esterni”, ribadisce il governatore. Un fatto che non “torna”, almeno fino a ieri, alla Corte dei conti. Che fotografa la stessa immagine. Ogni anno. Solo qualche faccia nuova. Anzi, nemmeno quella. Solo l’uno per cento dei dipendenti regionali, a leggere bene i soliti freddi numeri, ha meno di 35 anni.
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04 Luglio 2014, 20:30