07 Giugno 2020, 06:04
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PALERMO – Imprenditori e faccendieri lo chiamavano “sorella”. Un tentativo di nascondere l’identità di Fabio Damiani. Tutto inutile: i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo hanno svelato il suo ruolo di burattinaio negli appalti pubblici.
Il manager della sanità, così sta ricostruendo l’inchiesta della Procura della Repubblica, era il regista di un enorme patto corruttivo che avrebbe consentito di pilotare gare per milioni di euro. Ci sono ore e ore di registrazioni in cui Damiani sembrerebbe parlare solo ed esclusivamente di affari e tangenti.
Se ciò è stato possibile, ogni cittadino è innocente fino a prova contraria, la causa va rintracciata anche nell’enorme concentrazione di potere nelle mani di una sola persona. La macchina burocratica non è stata capace di stoppare il meccanismo, anzi lo ha alimentato. Alla fine il banco è saltato per l’intervento della magistratura. Eppure la pubblica amministrazione avrebbe potuto intervenire prima. C’era stato pure un segnale forte dall’interno.
L’inchiesta coordinata dai pm che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione ha sviluppato due piste. Nel settembre 2017 un imprenditore si è presentato in caserma dai finanzieri e ha denunciato irregolarità nella gara da 92 milioni per il noleggio e il lavaggio della biancheria degli ospedali siciliani. Una gara che in effetti è stata annullata dal Tar.
In quel momento Damiani era contemporaneamente responsabile della centrale unica di committenza, la cabina di regia sugli appalti siciliani, e responsabile del singolo procedimento. La verità è che negli anni, dal 2011 fino al suo arresto di pochi giorni fa, Damiani ha visto accrescere il suo potere decisionale.
Eppure nel 2017, e siamo al segnale interno di cui sopra nonché seconda pista sviluppata dagli investigatori, il dirigente regionale della Funzione pubblica Luciana Giammanco in una nota dell’11 luglio di quell’anno evidenziava le criticità per l’intreccio di incarichi ricoperti da Damiani. La nota ha dato vita ad un fascicolo poi assorbito nell’inchiesta sfociata negli arresti.
Dal 2011 al 2013 Damiani è stato direttore del Provveditorato dell’Asp 6, dal 2013 al 2018 direttore Dipartimento risorse economiche e del servizio tecnico della stessa azienda sanitaria, dal 2016 al 2018 responsabile della centrale unica fino alla sua nomina all’Asp di Trapani. Nel frattempo era presidente di commissione di numerose e importantissime procedure bandite da entrambe le stazioni appaltanti. Un’enorme concentrazione di potere, accumulato sotto governi diversi, su cui ha messo gli occhi, tranne un’eccezione, solo la magistratura.
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07 Giugno 2020, 06:04