16 Luglio 2015, 20:07
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PALERMO – Era l’inizio dello scorso anno quando aveva aperto un cassetto trovando decine di pratiche destinate all’Inps. Documenti falsi per ottenere il riconoscimento dell’invalidità e quindi la pensione. Una raffica di dati, carte firmate e controfirmate che sarebbero servite a raggiungere un unico obiettivo, quello di truffare ancora una volta l’istituto di previdenza.
Le indagini sui falsi invalidi condotte dai carabinieri e coordinate dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dai sostituti Roberto Tartaglia e Annamaria Picozzi, sono partite proprio da quei documenti. A trovarli in un appartamento di via Oreto, dove avrebbe dovuto trascorrere alcuni giorni, Patrizia Ribaudo, 43 anni, convivente di un collaboratore di giustizia che in quel periodo utilizzava un’abitazione che le avevano messo a disposizione Giuseppe Cinà e Giovanni Tantillo. Con quest’ultimo, legato ad ambienti mafiosi del clan di Borgo Vecchio, la donna aveva avuto in passato una relazione da cui era nata una figlia e i due erano ancora in contatto. Una volta scoperto il maxi-archivio di pratiche di invalidità, Patrizia Ribaudo sarebbe passata all’azione: accusata di tentata estorsione per lei sono scattati gli arresti domiciliari.
Avrebbe infatti chiesto diecimila euro a Cinà e a Tantillo per stare zitta, il prezzo per non rivelare a nessuno quanto scoperto. A confermare il suo modus operandi, alcune telefonate in cui minaccia i due di denunciarli.
PATRIZIA: ora mi senti?
GIOVANNI: sì,allora, io quello che ti dico a te: fallo sentire pure al Cinà perché i piccioli li deve uscire pure
PATRIZIA: io a lui l’ho sentito poco fa . E mi ha detto che lui non è responsabile di niente perché dice che lui alla fine tutto questo l’ha fatto in fin di bene. Si è fidato di te e si è fidato di me.
GIOVANNI: no, aspetta. Ma di chi sono queste cose? Sue?
PATRIZIA: sì però lui dice: io alla fine vi ho fatto un favore, non è che per un favore me la dovete mettere in culo a me”. Dice “anche perché io piccioli non ne ho.”
GIOVANNI: eh, lui non ne ha. E io ne ho? Perciò, il culo gli deve bruciare pur e a lui, perciò, è inutile che “babbìa”.
PATRIZIA: certo. Ma questo discorso glielo dovresti fare tu.
GIOVANNI: gliel’ho detto, ma non lo vuole capire.
PATRIZIA: si, comunque, tu come sei messo?
GIOVANNI: io sono messo male, perché qua è inutile che io…sono messo troppo male. Ora io glielo dico (balbetta) mi devo appiccicare la testa nel muro troppo assai, troppo assai. Tu devi avere ancora un periodo di pazienza perché…mi devi dare un poco di tempo.
PATRIZIA: vabbè è normale, ma io te lo do il tempo.
GIOVANNI: io parlo con lui, perché lui non ci crede diciamo… Io ho fatto la cazzata a lasciare questo coso dentro?
PATRIZIA: vabbè, diciamo che tu lo sapevi che c’erano queste cose dentro, però non t’aspettavi quello che facevo io, che mi è venuta questa pensata.
GIOVANNI: io manco sapevo che aveva queste cose. Perciò lui deve sbattere la testa al muro, come sto facendo io.
Insomma, ottenere la somma chiesta per tenere la bocca chiusa stava diventando un’impresa difficile per la Ribaudo. A chiarire cosa sarebbe stata disposta a fare se Cinà e Tantillo non avessero sborsato i soldi, è il seguito della conversazione intercettata dai carabinieri, che non avrebbe comunque ottenuto l’esito che la donna sperava. Successivamente Patrizia Ribaudo ha infatti consegnato tutta la documentazione ai carabinieri.
PATRIZIA: E allora gli dici: “Intanto aiutami tu che poi te li restituisco sti soldi…intanto per spicciarmi”, gli dici. Fammeli portare gliel’ho detto da un sacco di tempo, ma non lo vuole capire. eh, gli dici: “allora, tu non lo vuoi capire, io non ce la faccio perché non ho possibilità, allora ce ne andiamo tutti a mare. Perché qua si tratta di questo, che ve ne andate tutti in galera. Di questo si tratta, E io così risolvo pure il mio problema, perché io portandoli alla Questura, io glielo dico: “siccome ho paura, datemi la protezione”. A me mi danno di nuovo la protezione, io mi fotto lo stipendio al mese per altri sette-otto anni allora, ascolta, io cerco… perché giustamente, queste cose non è che le ho fatte io, mi spiego? Lo sai come funziona, Giovanni? Che intanto ti jeccanu in galera e poi glielo devi andare a spiegare all’avvocato, glielo devi spiegare al giudice. Capito? E intanto ti fanno passare un brutto periodo, e poi giustamente se tu hai da spiegare le tue cose te li spieghi. Però dico io, alla fine, Giovanni, 5000 euro, minchia, 5000 euro. Minchia tu prima dici una cosa, poi ne dici un’altra, minchia non stai cercando neanche di aiutarci tu, però. nooo.. Vai dalla mammina che ha l’armadio pieno. Per la mammina 5000 euro sai che sono? Cinque centesimi.
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16 Luglio 2015, 20:07