15 Febbraio 2021, 12:43
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PALERMO – Grazie alla truffa delle auto di lusso ci guadagnavano due volte. La prima incassando gli indennizzi per il furto delle macchine dalle compagnie di assicurazione. La seconda volta rivendendo le automobili, dopo averle ripulite e immatricolate di nuovo.
Quello scoperto dalla Procura di Palermo e dai carabinieri della compagnia di Misilmeri era un giochetto tanto semplice quanto efficace. Sono sedici le persone indagate.
I fratelli Antonino, Gaetano e Carmelo Cangemi, tutti e tre ai domiciliari, ne sarebbero stati gli ideatori. Antonino Scalavino e Gaetano Pitarresi avrebbero messo a disposizione la loro impresa di noleggio e vendita di auto, la “Samuel Cars”, fornendo le macchine rubate. Stessa cosa avrebbe fatto Matteo Cavallaro attraverso la “Modauto”. Il carabiniere Giuseppe Lo Castto avrebbe dato il suo contributo falsificando alcune denunce di furto. Infine Paolo Rovetto, Marcio Litrico e Ivan De Luca si sarebbero occupati di individuare i soggetti che in cambio di 800-1000 euro si sarebbero intestate le macchine rubate.
Le indagini sono partite dall’analisi di un profilo Facebook denominato “il cornuto di Palermo”. Decriptando le conversazioni i carabinieri si sono accorti che si parlava di riciclaggio di autovetture rubate a Napoli e trasportate a Palermo. Dietro i nickname si celavano Gaetano Cangemi e Giuseppe Lo Casto, che sono finiti sotto intercettazione.
Sulla famiglia Cangemi lavoravano gli agenti della Squadra mobile di Palermo che avevano ricevuto le denunce di alcuni autotrasportatori. I Cangemi si erano “appropriati” dell’area di sosta davanti ad un albergo del Foro Italico. Era diventato un parcheggio privato e i Cangemi chiedevano il pagamento per la sosta dei veicoli.
Si è scoperto un vorticoso giro di auto. Il primo input investigativo arrivò dal messaggio inviato da Gaetano Cangemi a Lo Casto: “Peppino ma per oggi riusciamo a fare tutto come questo”, accompagnato dalla foto di una Ferrari 348 testarossa. Si è scoperto che Lo Casto aveva inserito nella banca dati delle forze dell’ordine la denuncia di ritrovamento della macchina, presentata da una donna. Era falsa, visto che la donna era deceduta nel 2014.
Nel caso di una Range Rover Evoque il furto e il ritrovamento era stato denunciato da un improbabile cittadino slavo. Altre volte i denuncianti erano complici in carne ossa. Tra la denuncia di furto e quella di ritrovamento le compagnie avevano già liquidato gli indennizzi. Successivamente si andava in agenzie di disbrigo pratiche automobilistiche, i cui titolari erano quanto meno distratti, e si immatricolava di nuovo la macchina, dando al mezzo una nuova vita per essere infine rivenduto in altre città d’Italia. Un giochetto avvenuto per decine di auto. Si trattava di macchine lussuose come la Ferrari e una Porsche Cayman, o modelli molto richiesti dal mercato: Mini, Smart, Mercedes, Range River Evoque. Non si può escludere, dunque, che ci siano persone ignare di guidare macchine rubate.
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15 Febbraio 2021, 12:43