28 Giugno 2019, 17:05
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PALERMO- “Sono qui per dire tutta la mia verità. Sono state scritte delle frasi in modo vergognoso. Non avevo nessuna familiarità con Arata e che si pensi questa cosa di me mi fa incavolare”. Così Alberto Pierobon ha iniziato la conferenza stampa in cui ha presentato la propria verità sul suo coinvolgimento nella vicenda Arata. “Sono – ha detto – a disposizione della magistratura per chiarire la mia posizione”
Pierobon ha cominciato a raccontare in quale situazione ha trovato l’assessorato all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità: “Quando sono arrivato qui c’era una sola persona in ufficio di gabinetto. Mentre componevo l’ufficio ho provato a mettere ordine perché qui c’era l’assalto di tutti. Per questo il 30 agosto abbiamo fatto un registro dei portatori di interesse e un sistema di filtri”.
E infatti Pierobon ha raccontato di avere incontrato Arata i primi di maggio dello scorso anno. “Me lo presentarono tre funzionari qui fuori spiegandomi che era prossimo a diventare presidente dell’Arera, era referente per l’ambiente del centrodestra, professore universitario e ex senatore. Non ricordo e non ci sono state – ha poi continuato – chiamate di Gianfranco Micciché per organizzare incontri. Il primo è avvenuto per il tramite dell’ufficio di gabinetto di Micciché e la mia segretaria particolare, dove c’erano due persone che sono state cacciate”.
“Questo incontro – ha proseguito l’assessore ai Rifiuti – è avvenuto i primi di luglio. Allora Arata mi ha raccontato che aveva presentato un progetto con la sua società di famiglia, la Solgesta. Si è lamentato che mancavano riscontri alla sua pratica con errori formali e sostanziali. Nessuno mi ha detto chi era Arata sebbene sembra che qui fosse di casa. Poi mi ha contattato attraverso i messaggi ma non è che stavo pronto a rispondere a lui”. L’assessore più volte è tornato su quella mancanza di informazioni: “Chiunque sapeva qualcosa doveva avvisarmi”.
Il professore universitario all’origine dell’inchiesta appariva a Pierobon come un imprenditore stanco delle lentezze. “Arata – ha continuato a raccontare – mi ha parlato spesso e volentieri di altri investimenti. Per me era un imprenditore che diceva di avere perso dei soldi, si lamentava della malagestio, mi diceva: ‘Vado dalla stampa’, ‘Vado dalla procura’. E io – ha chiosato l’assessore – l’ho pure incoraggiato: ‘Vai in procura’”.
Poi Pierobon è sceso nei particolari, sia suoi rapporti personali che Arata provava ad avere sia sul suo coinvolgimento istituzionale nell’affare. “Mi ha chiesto più volte di andare a cena e non sono mai andato. Era insistente, una zecca cavallina”. Ma a chi gli ha fatto notare che non fosse opportuno che un assessore anticipi a un privato dell’esito di un provvedimento. “Tutti quelli che arrivano da a me – ha chiarito – hanno sempre una risposta. Mi contattano in centomila”. Non solo. Pierobon infatti non ha detto di trovare nulla di strano nel fatto che un assessore spinga perché gli uffici evadano le pratiche. “Non ho mai orientato nessuno ma – ha chiesto retoricamente – sapete quante volte chiamo il direttore Salvo Cocina per sapere lo stato di evoluzione delle pratiche?”.
Per Pierobon, quelle di Arata sarebbero state le pressioni di un normale portatore di interesse. Così ai cronisti che gli hanno chiesto se non ne avesse parlato con i componenti della giunta, l’assessore regionale ha detto: “Si,ne ho parlato con Cordaro per dirgli ‘Guarda che c’è sta persona che aspetta la pratica’ e poi – ha raccontato – l’ho presentato per caso ad Armao ed infine ne ho parlato al presidente Musumeci: ‘Leggevo la cronaca di investitori che vanno via e allora ho detto a Musumeci che stavamo lavorando alla pratica di Solgesta perché mi sembrava che fosse un investimento che scappava”.
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28 Giugno 2019, 17:05