In trappola nella sua tela

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16 Giugno 2009, 08:23

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Smagliata la rete del boss latitante Matteo Messina Denaro. In carcere sono finiti in tredici. L’accusa: avrebbero favorito contatti fra il boss latitante trapanese e alcuni esponenti di vertice di Cosa nostra palermitana, mettendo a disposizione pure falsi documenti. Nella rete sarebbero finiti i componenti di un ben funzionante sistema di fiancheggiatori che da anni salvaguarderebbe la latitanza del capomafia di Trapani, accusato di omicidi e stragi, ricercato da 16 anni, che avrebbe coperture anche a Roma, la vera e ultima “Primula rossa” della mafia. Gli agenti del Servizio centrale operativo (Sco) e delle Squadre mobili di Trapani e Palermo hanno eseguito dunque tredici ordini di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del tribunale di Palermo.
I provvedimenti sono stati richiesti dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti della Dda, Paolo Guido, Roberto Scarpinato e Sara Micucci, e sono stati eseguiti nelle province di Trapani, Palermo, Roma e Piacenza. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti e trasferimento fraudolento di società e valori.
Tra i più  colpiti i mandamenti mafiosi di Trapani e Castelvetrano, riconducibili a Matteo Messina Denaro.

L’operazione Golem
Nell’operazione, denominata “Golem”, sono stati impegnati oltre 300 uomini della polizia di Stato. Nella rete di favoreggiatori che avrebbe coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro c’è anche un cugino del boss trapanese ricercato da 16 anni. Uno dei provvedimenti cautelari riguarda anche lui. L’uomo, secondo gli inquirenti, avrebbe anche imposto il pagamento di tangenti ad imprenditori. Non solo. Dall’indagine emerge  la scoperta di un traffico di droga tra Roma e il territorio trapanese organizzato dalle famiglie mafiose, i cui componenti agivano in nome e per conto di Messina Denaro. Oltre agli arresti sono state eseguite, in diverse regioni, 22 perquisizioni personali e locali nei confronti di altrettanti soggetti e 37 perquisizioni a carico di boss detenuti in diversi istituti penitenziari.
“Gli arresti odierni – spiegano gli inquirenti – costituiscono il primo esito operativo di una complessa attività di indagine condotta da uno speciale team investigativo, costituito su direttiva della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato nel 2007, con la finalità di catturare Messina Denaro e composto da esperti del Servizio Centrale Operativo e delle Sezioni Criminalità Organizzata delle Squadre Mobili Trapani e Palermo”.

I rapporti del boss
Gli investigatori, sotto la direzione della Dda di Palermo, stanno ricostruendo il reticolo dei rapporti personali riferibili a Messina Denaro, ritenuto “capo del mandamento di Castelvetrano, vertice incontrastato di cosa nostra nella provincia di Trapani, e posto oggi ai vertici assoluti dell’associazione”.
Latitante dal 2 giugno 1993, Messina Denaro è ritenuto “autore o mandante di alcuni dei crimini più efferati commessi da Cosa nostra e, tra questi, numerosi omicidi perpetrati nel territorio della provincia di Trapani, nonché le stragi che, nella primavera del 1993, hanno colpito gravemente le citta’ di Roma, Milano e Firenze”. (la foto ritrae un’opera dell’artista Flavia Mantovan, per la mostra “Facce di mafia”)

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16 Giugno 2009, 08:23

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