31 Luglio 2013, 07:00
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CATANIA – Un vero e proprio terremoto in città: la Guardia di Finanza guidata da Francesco Gazzani ha messo i sigilli a 10 imprese del valore di 30 milioni di euro perché sarebbero state gestite, attraverso prestanome, direttamente da Emanuele Caruso, noto imprenditore condannato in primo grado per associazione a delinquere e nipote di Pippo Mirenna, elemento di spicco del clan Santapaola Ercolano.
Dal provvedimento firmato dal Gip Francesca Cercone -di cui LivesiciliaCatania è in possesso- emerge il presunto ruolo di 21 indagati accusati, a vario titolo, di aver gestito imprese dai bilanci milionari per conto di Emanuele Caruso. Si tratta di familiari, dipendenti e amici di Caruso, per i quali la Finanza ha analizzato con cura dichiarazioni dei redditi, cessioni di quote societarie, cariche sociali e azioni. Ecco, società per società, tutte le accuse ipotizzate dagli inquirenti.
AGRIFIN SOCIETA’ AGRICOLA Il rappresentante legale della Agrifin è Salvatore Caruso, figlio di Emanuele, indagato con l’accusa di intestazione fittizia di beni e titolare del 39% delle quote. Il restante 61% è intestato alla sorella Carmela Rita, ritenuta dagli inquirenti “testa di legno” dell’impresa. Il Gip Cercone ritiene rilevanti alcune intercettazioni, che sarebbero emblematiche del ruolo di Emanuele Caruso. “Noi -dice Caruso il 30 aprile del 2010- siamo Cogefin, se parliamo di qualche cantiere abbiamo acquistato…siamo Agrifin per il resto…Cogefin, bungiorno, buonasera, se cercano, se chiama qualcuno che cerca Coge e Ubertazzi, dipende chi è…”. Manlio Failla, socio della Cigefin, parlando della riscossione di denaro, si riferisce “promiscuamente”, sottolineano gli inquirenti, alle società Agrifin, Ecoin, Società agrumicola, Servizi di Ingegneria, Elar e Urbanizzazioni. “Per avere un po’ di soldi cosa bisogna fare -chiede un tale Giovanni a Failla intercettato- adesso devo vedere come Agrifin, come Ecoin”. Secondo il Gip Cercone, è ritenuta dimostrata, “quanto meno al livello del fumus richiesto nella presente fase procedimentale, la riferibilità della società Agrifin a Emanuele Caruso”.
COGEFIN SRL. La Cogefin è stata trasformata nel tempo in Spa, capitale sociale da 400mila euro, ha come soci Lina Falzone, titolare dell’80% delle quote insieme a Manlio Failla. Entrambi sono indagati con l’accusa di intestazione fittizia insieme a Salvatore Caruso e Antonio Fallica. Quest’ultimo, cognato di Emanuele Caruso “e formale rappresentante legale -scrivono gli inquirenti- della stessa”, sarebbe “in realtà un mero dipendente privo di qualsiasi potere decisionale e gestionale”.
Le cimici hanno registrato una richiesta precisa di Salvatore Caruso, padre di Emanuele: “Eh…i lavori chi li deve eseguire? I lavori che stiamo facendo lì li deve eseguire la Urbanizzazioni o la Cogefin?”. Risponde il figlio: “Cogefin, Cogefin…”.
Viene intercettato anche l’architetto dell’azienda, che chiede a Emanuele Caruso: “Allora, siccome per fare la Dia bisogna comunicare chi è l’assuntore dei lavori, qual è la società? La Cogefin?”. “Mettici la Cogefin -risponde Emanuele- oppure Urbanizzazioni, la stessa cosa…Cogefin…va bene Cogefin…ce li hai i dati? Faccio chiamare mio padre e gli faccio passare i dati”.
E ancora, le cimici registrano Emanuele Caruso che chiede al padre conto e ragione dell’andamento di un cantiere a Buttiglieri che aveva 15 giorni di ritardo.
E’ stato intercettato anche Antonio Fallica, amministratore della Cogefin, della Ecoin e della Società agrumicola siciliana, mentre chiede informazioni su un’operazione negoziale da compiere e “nonostante la carica rivestita -si legge nella misura del Gip- non ne conosce i contenuti”. “Io un lavoratore sono -rivendica Fallica- ci dobbiamo vedere dal notaio, giusto? Ma ha un preliminare? Così per capire…cosa? Non si sa? Cosa compro?”.
Analizzando numerose intercettazioni, il Gip Cercone ritiene “ritenersi dimostrata…la riferibilità della Cogefin a Emanuele Caruso”.
COGE SRL Per l’intestazione fittizia della Coge Srl, capitale da 50mila euro, sono indagati, oltre ad Emanuele Caruso, Giuseppe Cosentino, Salvatore Caruso, Carmelo Coniglione, Natalia Zozlova, Mario Giuseppe Rando e Marco Acquaviva.
Dall’analisi di “svariate intercettazioni” il Gip ritiene raggiunto il “fumus commissi delicti”. In particolare, il giudice evidenzia che l’amministratore unico Natalia Zozlova, era l’addetta alle pulizie della Ge.Fo. Costruzioni, mentre l’altro amministratore Mario Rando “risultava impegnato nell’attività di raccoglitore di materiale ferroso”
ECOIN SRL Per l’intestazione fittizia delle quote della Ecoin Srl, capitale da 10mila euro, sono indagati Salvatore Caruso e Antonio Maria Fallica, cognato di Emanuele Caruso. Le cimici hanno registrato le conversazioni in cui una dipendente dell’amministrazione, tale Giovanna, spiega ad altra dipendente che “il signor Caruso i tuoi stipendi li paga quando dice lui, non quando sono autorizzati…”.
Per la Elar Srl è indagato Gaetano Caruso, fratello di Emanuele, assolto da tutte le accuse nel processo Obelisco. L’accusa è di intestazione fittizia dei beni in concorso con Antonio Fallica e Salvatore Caruso. Gli inquirenti registrano le conversazioni in cui Emanuele Caruso ordina: “Allora domani può essere quello del contratto…che stiamo aspettando questo coso…quindi si devono vedere eventualmente di fare queste piazzole…queste cose…con i cristiani che abbiamo in giro…si deve fare, perché si deve pulire, perché se questo viene entro un mese vuole il capannone”. E ancora, altre conversazioni in cui Emanuele Caruso si interessa dell’arrivo della guaina per i capannoni della Elar e discute dell’ingaggio di un dipendente”.
Servizi Ingegneria Srl. Per l’intestazione “fittizia” delle quote della Servizi Ingegneria Srl, sono indagati Antonio Fallica e Giuseppe Cosentino. Il giudice Cercone ritiene che “dal contenuto delle conversazioni intercettate emerge la riconducibilità dell’impresa a Emanuele Caruso e la mera interposizione fittizia di coloro che formalmente rivestivano la qualifica di amministratore unico: Carmelo Coniglione prima e Paolo Consiglio dopo.”
Per firmare atti importanti, Consiglio chiede l’autorizzazione ad Emanuele Caruso, definito “geometra”. Per esempio, a gennaio del 2010 Consiglio spiega: “Io ci sono andato -si legge nel provvedimento del Gip Cercone- perché mi ci ha mandato il geometra (Emanuele Caruso), ma altre cose non è che ne so materialmente. Ma se il geometra non ci autorizza a fare niente non è che domani mi posso prendere la macchina e me ne posso andare a Palermo: il geometra mi può dire di sì come mi può dire di no!”.
Per l’intestazione “fittizia” delle quote della Società Agrumicola Siciliana Srl, capitale da 118mila euro e sede in pieno centro, sono indagati Antonio Fallica, Emanuele Caruso e Michele Mirenna.
E ancora, per l’intestazione fittizia della Stylus Srl sono indagati Antonio Fallica e Paolo Consiglio, inchiodato, secondo gli inquirenti, dalle intercettazioni dei dialoghi con la moglie a rischio licenziamento per il volere di Caruso. “Ti sto dicendo -afferma la moglie di Consiglio, formalmente amministratore unico- stai calmo e tranquillo, lunedì mattina quando arrivi, ti prendi queste lettere, te ne vai là, gli firmi quella di Maria…prendi quella mia e gli dici geometra…io ero assente quando lei ha detto di preparare queste lettere, giusto? Io pensavo che le cose tra lei e Daria si fossero appianate…qui c’è la lettera di Daria firmata, dato che comunque è l’informazione che mi è arrivata che la dovevo firmare…perché tu alla fine lo sai che sono disposizioni che tu prendi da lui…”.
La Urbettazzi Srl, capitale da 119mila euro, risulta amministrata da Lina Falzone, ma si tratterebbe di un’interposizione “fittizia”, secondo il Gip Cercone. La Urbanizzazioni Srl vede come soci Salvatore Caruso, padre di Emanuele e la Agrifin Srl. Il giudice ritiene che “coloro che avevano ricoperto il ruolo di amministratori unici fossero in realtà privi di qualsiasi potere decisionale e gestionale integralmente riferibili, di converso, a Emanuele Caruso”.
LA REPLICA. Angelo Mangione e Vittorio Lo Presti, legali dei fratelli Emanuele e Gaetano Caruso, contattati da LivesiciliaCatania hanno assicurato l’invio di una corposa replica nelle prossime ore. Nel 2011, quando è stato effettuato il primo sequestro a carico delle aziende che sarebbero riconducibili a Emanuele Caruso, l’avvocato Angelo Mangione ha evidenziato che “ben due distinti collegi del Tribunale di Catania, all’esito dei processi Padrini e Plutone hanno riconosciuto sulla scorta delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e di numerose intercettazioni, che le imprese di Emanuele e Gatenao Caruso dal 1999 al 2002, sono state sottoposte a sistematica estorsione da parte del clan Ercolano- Santapaola. I fratelli Caruso, costituiti parte civile in entrambi i processi, hanno testimoniato in aula riconoscendo gli affiliati che li sottoponevano al pizzo e hanno ottenuto la provvisionale immediatamente esecutiva di 50.000 euro per i danni subiti dal clan Santapaola”.
“Nel 2009 -ha aggiunto Mangione- è iniziato il processo nei confronti dei fratelli Emanuele e Gaetano Caruso. Nel corso di tale processo, il Gup Romano, a seguito di giudizio abbreviato, sulla scorte dell’esame delle intercettazioni telefoniche, delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Di Fazio Umberto, La Piana Alfio, Sortino Carmelo, Pappalardo Filippo Santo e dell’ultimo importante collaboratore messinese Carmelo Bisognano, ha assolto con formula piena i fratelli Caruso dall’accusa di concorso esterno, riconoscendoli quali vittime di estorsione da parte del clan Ercolano-Santapaola”.
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31 Luglio 2013, 07:00