10 Giugno 2020, 18:24
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PALERMO- Il carcere genericamente inteso è quel luogo di interrogativi, pozzi neri e speranze tenui come raggi di sole filtrati dalla penombra, al centro della rimozione di tutti. Quando lo incontra nelle sue incursioni virtuali, l’utente medio dei social lo battezza con una frase che è un ritornello: ‘buttate la chiave’. Tra condanne sommarie, silenzi e tribunali del popolo che hanno poco a che fare con la colpa o con l’innocenza, il pesante portone all’ingresso finisce per murare tutti vivi: i detenuti, il personale, i volontari, con le loro singole storie umane, l’impegno strenuo di chi lavora per costruire un orizzonte.
Solo quando la cronaca lo impone allo sguardo, il carcere, per un attimo, torna al proscenio con il suo carico di contraddizioni. E’ accaduto oggi, per esempio, con una notizia di agenzia sull’Ucciardone di Palermo.
Secondo il resoconto fin qui disponibile, un detenuto ha aggredito e ferito cinque agenti della polizia penitenziaria. Lo ha reso noto Gioacchino Veneziano, appunto segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria della Sicilia. Il fatto è accaduto ieri pomeriggio, quando un uomo, che insisteva per avere una sedia a rotelle, ha distrutto quello che si trovava a portata di mano e poi ha ferito i cinque agenti, uno dei quali ha battuto la testa perdendo i sensi ed è stato trasportato al pronto soccorso, mentre gli altri quattro sono dovuti ricorrere alle cure dei medici.
In calce, il commento: “Esprimiamo solidarietà ai colleghi feriti e sarebbe ora che l’amministrazione della giustizia iniziasse ad applicare l’art. 14 bis dell’Ordinamento penitenziario a quei detenuti che pensano di essere a casa loro compromettendo la sicurezza. Inoltre è necessario trasferire immediatamente questi detenuti in strutture idonee”.
Tra sussurri e racconti che andranno vagliati da chi di dovere, si forma il ritratto di momenti di tensione. Il detenuto che si barrica in cella, mettendo il letto davanti alla porta. La necessità di agire per evitare guai e il ritorno alla calma. Per fortuna, il direttore e il personale sono intervenuti con prontezza e sensibilità.
Pino Apprendi, presidente di Antigone Sicilia, aggiunge qualche elemento: “La persona che si è resa protagonista del gesto soffre di diversi problemi ed è molto fragile e il carcere non è un posto per persone con fragilità di quel livello. Il Covid, poi, con la sospensione dei colloqui e delle attività, ha peggiorato le cose. Il lockdown ha fatto male pure a chi stava a casa sua, figuriamoci cosa è successo nelle celle. Il punto critico della detenzione va affrontato in modo diverso, con un approccio d’insieme. Ma, francamente, non sono ottimista e la situazione rischia di esplodere. L’unica reazione della gente è: buttate la chiave…”.
Dall’Ucciardone, ovviamente, non parla nessuno, per il riserbo imposto dalle regole. Ma nemmeno trapelano allarmi sotterranei. La situazione sarebbe sotto controllo.
Così, a poco a poco, tramonta anche questa storia di anime prigioniere, violente e ferite. Il carcere si richiude in se stesso, nella sua tremenda normalità.
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10 Giugno 2020, 18:24