03 Dicembre 2017, 17:15
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CATANIA. Sconto di pena in appello per Isidoro Garozzo, autore nel maggio di 2 anni fa a Giarre dell’omicidio di Vincenzo Patanè, ex amante della figlia. Al 66enne, a cui in primo grado era stata inflitta una condanna a 10 anni, è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione per accumulo ed una conseguente riduzione della pena a 8 anni e 8 mesi. La Corte d’Assise d’Appello di Catania, presieduta da Dorotea Quartararo, ha sostanzialmente accolto le richieste del sostituto procuratore generale Sabrina Gambino ed in parte quelle dei legali della difesa Giuseppe e Francesco Trombetta. L’accusa, nel corso della precedente udienza, se da una parte aveva escluso qualsiasi margine per sostenere l’ipotesi della legittima difesa dall’altro aveva riconosciuto nell’imputato l’accumulo di sofferenza ed esasperazione per le aggressioni subite nel tempo dalla famiglia.
LE ARRINGHE. Il primo a prendere la parola in udienza è stato il legale di parte civile Salvo Sorbello, in sostituzione anche della collega Lucia Spicuzza. Il difensore ha evidenziato come gli episodi di presunto stalking, subiti dall’imputato e dai propri familiari, non abbiano mai trovato alcun riscontro oggettivo. L’unica documentazione prodotta sarebbe comunque postuma al delitto. L’attendibilità della ricostruzione fornita dall’imputato, ha detto in aula Sorbello, non sarebbe mai stata oggetto di verifica. Non solo. Dai tabulati telefonici della vittima, prodotti dai difensori di parte civile, si evincerebbe come la figlia dell’imputato, per la difesa vittima di persecuzioni e minacce, abbia cercato Vincenzo Patanè numerose volte. Di tutt’altro avviso i difensori di Isidoro Garozzo. Secondo i legali Giuseppe e Francesco Trombetta, il proprio assistito sarebbe stato esasperato dalle continue vessazioni subite da Vincenzo Patanè, che non si sarebbe rassegnato alla fine della relazione con la figlia dell’imputato. Da quel momento si sarebbero susseguiti diversi episodi di minacce e violenze. Un clima che avrebbe profondamente turbato la famiglia Garozzo.
LE REAZIONI. Si dicono soddisfatti per la pronuncia della Corte i difensori dell’imputato. “Eravamo convinti sin dal primo grado che andava riconosciuta l’attenuante della provocazione – spiega Francesco Trombetta – Una serie di intimidazioni ed aggressioni, perpetrate per più di un anno, avevano generato un clima di esasperazione nell’imputato, che vedeva quotidianamente la figlia, i nipoti ed egli stesso minacciati di morte. In questo contesto possiamo ritenerci soddisfatti per l’accoglimento dei motivi e nello specifico dell’attenuante della provocazione. Valuteremo – conclude il legale – l’opportunità di ricorrere in Cassazione al fine di ottenere l’eliminazione dell’aggravante del nesso teleologico”.
Ed un po’ di amarezza emerge dalle parole dei difensori di parte civile. “La sentenza di appello è semplicemente la conclusione di un processo che è stato chiaramente segnato da alcune mancanze nel capo di imputazione – dichiarano gli avvocati Salvo Sorbello e Lucia Spicuzza – prima fra tutte la mancata contestazione della premeditazione a carico dell’imputato, che per sua stessa ammissione camminava quella mattina armato senza giustificato motivo. In sede di appello anche il procuratore generale si è stupito che non fosse stata contestata la premeditazione e, a differenza del pubblico ministero, ha cercato di valorizzare tutti gli elementi di indagine che la difesa delle parti civili aveva fornito al processo fin dal primo grado di giudizio. Purtroppo – proseguono i legali – la mancata contestazione della premeditazione, insieme alla concessione delle attenuanti generiche poiché incensurato, non hanno permesso al procuratore generale di avanzare una richiesta di pena più elevata rispetto a quella a cui è pervenuto il giudice di appello. I familiari della vittima sono rimasti perplessi dalla circostanza che la vita del loro congiunto abbia determinato una pena così bassa. Sono comunque soddisfatti che l’imputato sia stato condannato per l’omicidio commesso, essendo stata categoricamente esclusa tanto la legittima difesa quanto tutte le altre esimenti richieste dalla difesa dello stesso imputato. La vicenda – concludono – è comunque una vicenda amara che non potrà mai dare piena soddisfazione a nessuno”.
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03 Dicembre 2017, 17:15