14 Giugno 2012, 18:33
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Una catena di errori. Culminata in numero che ha segnato la condanna a morte di una giovane donna. Un 9 diventato incredibilmente 90. Tanti furono i milligrammi di antitumorale iniettato nel sangue di Valeria Lembo nel reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo. Dieci volte superiore a quello necessario. Una dose killer di chemioterapia che stroncò la vita della trentaquattrenne madre di un bimbo di sette mesi. I periti nominati dai pubblici ministeri spazzano via dal campo ogni dubbio, qualora ce ne fossero: “La causa della morte è da ricondurre ad una condizione di morte cerebrale con tossicità sistematica da sovradosaggio di Vinblastina, somministrata alla dose di 90 mg anziché alla dose di 9mg”. La perizia è firmata da tre medici catanesi: Francesco Di Raimondo, ordinario di Ematologia all’Università, Giovanni Bartoloni, responsabile di Patologia diagnostica dell’ospedale Garibaldi, e Cataldo Raffino, specialista in Medicina legale. A loro i pubblici ministeri Emanuele Ravaglioli e Francesco Grassi si sono rivolti per mettere dei punti fermi in una vicenda tutta da chiarire.
A cominciare dal ruolo di studenti e specializzandi all’interno del reparto di Oncologia del Policlinico. Un reparto chiuso e riaperto dopo la sospensione disposta dagli ispettori del ministero e della Regione quattro mesi dopo la morte della Lembo. Tra i punti contestati c’era proprio l’inosservanza delle regole rispetto al ruolo degli specializzandi. Si è stabilito che a dare il via libera alla prescrizione e alla somministrazione dei farmaci saranno il medico prescrittore, il controllore, il farmacista responsabile e il direttore della farmacia. Quattro passaggi per evitare che si possa ripetere l’errore madornale che provocò la morte della Lembo, in cura per sconfiggere un linfoma di Hodgkin alla spalla.
Sotto inchiesta per omicidio colposo ci sono l’ex primario Sergio Palmeri, gli specializzandi Laura Di Noto e Alberto Bongiovanni (che avrebbe anche cercato di cancellare il numero fatale ndr), lo studente universitario Gioacchino Mancuso e l’infermiera Clotilde Guarnaccia. E’ stata la Di Noto a chiamare in causa Palmeri e fare emergere alcune criticità organizzative: “Il mio tutor nel reparto di Oncologia è il professore Palmeri. L’assegnazione è avvenuta oralmente e non con atto scritto. Non so quali siano esattamente i compiti del tutor. Durante il tirocinio non vi sono giorni prestabiliti di frequenza. Non vi sono registri ufficiali della mia presenza nel reparto di Oncologia. La mia attività all’interno del reparto è la più varia e va, a titolo esemplificativo, dal controllare se gli esami sono stati refertati al cambio del toner nella fotocopiatrice”.
Poi, ha ricostruito la sua versione dei fatti sulla tragedia: “Il 7 dicembre la signora Lembo si presentò per effettuare il trattamento chemioterapico. Quella mattina ho trovato all’interno della cartella clinica il foglio di prescrizione interna già precedentemente compilato. La calligrafia è quella di uno dei due studenti interni che frequentano il reparto. Preso il foglio l’ho confrontato con la terapia effettuata la volta precedente e riportata nella cartella clinica con la calligrafia del dottore Bongiovanni in cui viene riportato un quantitativo di farmaco Vinblastina pari a mg 90. Ho poi apposto sul foglio di prescrizione interna il timbro del collega Bongiovanni e ho apposto una firma con il suo nome, come ero stata autorizzata a fare. Ho consegnato il foglio di prescrizione interna alla signor Lembo che si è recata al piano inferiore presso il signor Maggio che ha l’incarico di registrare la terapia e di trasmetterla via fax all’infermiera professionale del reparto di oncologia incaricata della preparazione dei farmaci. Quel giorno – ha proseguito – l’infermiera professionale era la signora Clotilde, di cui non ricordo il cognome (Guarnaccia ndr)”.
La stessa Guarnaccia ha confermato l’episodio: “Quando mi arrivò la prescrizione di mg 90 di Vinblastina rimasi stupita e telefonai per avere conferma alla dottoressa Di Noto, la quale, dopo aver controllato la cartella clinica, mi confermò il dosaggio e mi disse che si trattava di un linfoma di Hodgkin e quindi trattandosi di un tumore molle e non duro, si doveva fare in questo modo. Preciso che non mi è mai capitato in passato di somministrare nel reparto di oncologia quantitativi così elevati di Vinblastina. Non ho pensato di chiarire le mie perplessità con il professore Palmeri in quanto avevo saputo che si trovava temporaneamente impegnato in consiglio di istituto”.
Un quadro da cui emergono una serie di passaggi organizzativi poco chiari. Anche su questo punto i periti sono stati chiamati a dire la loro e hanno scritto che “in nessun caso l’attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo. Lo specializzando gode di una cosiddetta autonomia vincolata che non può essere disconosciuta trattandosi di persone che hanno conseguito la laurea in medicina e chirurgia, pur tuttavia, essendo in corso la formazione specialistica
l’attività non può che essere caratterizzata da limitati margini di
autonomia e svolta sotto le direttive del tutore. Il tutore deve fornire allo specializzando le sue direttive, deve controllarne le attività pur autonomamente svolte, deve verificare i risultati e consentirgli, quindi, di apprendere quanto la formazione è idonea per il futuro svolgimento autonomo della professione specializzata verificando la correttezza delle attività svolte”.
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14 Giugno 2012, 18:33