Uccise il figlio autistico | Ora chiede la grazia - Live Sicilia

Uccise il figlio autistico | Ora chiede la grazia

Il maestro Calogero Crapanzano è in carcere
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Calogero Crapanzano è finito in carcere, ora chiede ufficialmente la grazia. Lui,  maestro elementare palermitano, da tutti definito “un uomo mite”, quel 23 giugno del 2007 strangolando il figlio autistico dopo un’ennesima incomprensione agì con”perfetta lucidità”. Era questa la conclusione dei giudici di merito che avevano già condannato il 62enne originario di Favara per l’uccisione del figlio Angelo,27 anni. Adesso l’uomo è finito in carcere dopo che la sentenza di condanna a suo carico è diventata definitiva. La difesa di Crapanzano, una vita dedicata all’insegnamento e alle cure al figlio, che prima del tragico epilogo non aveva mai fatto mancare, aveva cercato di dimostrare “l’insanità mentale” e la sua “incapacità d’intendere e di volere”, ma dopo una perizia psichiatrica i magistrati palermitani conclusero che il gesto dell’imputato andava inquadrato nell’ambito di “una nitida e raziocinante determinazione di fronte all’incombente vecchiaia”. Crapanzano, condannato a 9 anni e 4 mesi nonostante il ricorso al rito abbreviato e al riconoscimento di altre attenuanti, chiede ora formalmente la grazia allla Presidenza della Repubblica – come riporta il Giornale di Sicilia -, ed alla richiesta inoltrata al Capo dello Stato, allega due attestati di solidarietà a firma di Biagio Conte, il laico palermitano da sempre accanto ai più deboli con la sua missione Speranza e Carità, e di Salvatore Di Giglia, responsabile dell’Ufficio che si occupa di persone disabili del Comune di Corleone. La notizia era stata anticipata tempo fa da Livesicilia.it. A provocare il gesto estremo del maestro in pensione fu un battibecco, all’apparenza assai banale, con il figlio, di cui si prendeva cura da solo data la malattia della moglie: il ragazzo, che a detta dello stesso padre dava spesso in escandescenza ed era in preda a continue ossessioni causate dalla sua infermità, aveva chiesto al  genitore di smontare il climatizzatore, ma Crapanzano, “esasperato per una vita trascorsa accanto al figlio malato”-come confessò ai carabinieri ancora in preda allo choc subito dopo l’assassinio- portò Angelo a fare una passeggiata nei dintorni di Gibilrossa e lì con una corda lo strangolò. “Ho cercato per anni un posto dove mio figlio potesse essere accudito. Avevo incaricato anche il mio legale di trovare una struttura adeguata, ma purtroppo per lo Stato e la Regione i disabli non esistono”: questo l’amaro sfogo di Crapanzano ad una settimana dall’accaduto, il 29 giugno del 2007. Dunque, anche una certa dose di responsabiltà delle istituzioni pubbliche dietro quello che appare, invece, un dramma esclusivamente familiare? Probabilmente si, visto che anche il Gup Lorenzo Matassa, nella motivazione della sentenza di condanna di primo grado, aveva fatto esplicito riferimento all’assenza di sostegno da parte delle strutture pubbliche in favore delle famiglie con persone affette da gravi forme di disabilità. “Per Angelo non c’era nessuna cura -si sfogava il padre dopo essersi consegnato ai Carabinieri di Villagrazia-  solo sedativi da 200 euro a pacco. Quando ha raggiunto i 15-16 anni la situazione è precipitata. E’ diventato aggressivo, le sue fissazioni sono diventate sempre più insistenti e temevo potesse aggredire anche me e sua madre”. Questa storia di dolore, disperazione e abbandono vive adesso il suo capitolo finale: spetterà al presidente della Repubblica la scelta dell’epilogo.


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