Cronaca

Uccisero il marito e padre con 57 coltellate, ma senza crudeltà

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20 Ottobre 2020, 16:32

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PALERMO – Sferrarono 57 coltellate per uccidere il marito e padre, ma non ci fu crudeltà. Così il giudice per l’udienza preliminare Guglielmo Nicastro motiva la sentenza con cui lo scorso febbraio sono stati condannati a 14 anni ciascuno di carcere Salvatrice Spataro e i figli Mario e Vittorio Ferrera.

Erano imputati per l’omicidio di Pietro Ferrera, 49 anni, ucciso nel 2018 in un appartamento di via Falsomiele, a Palermo

Il fatto fu gravissimo, ma agli imputati per omicidio, difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo e Simona La Verde, sono state concesse le attenuanti generiche ed è stata esclusa l’aggravante della crudeltà.

Si è trattato di un omicidio volontario, ma su richiesta del pubblico ministero Giulia Beux, il giudice ha riconosciuto agli imputati le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti. Partendo da una richiesta di 21 anni, si è arrivati a 14 in virtù dello sconto di un terzo previsto per chi sceglie il rito abbreviato.

Il Gup, si legge nella motivazione, esclude “la circostanza aggravante tenuto conto che gli odierni imputati è vero che scagliavano complessivamente un numero elevato di coltellate alla vittima e
tuttavia così agivano per portare ad integrale compimento l’azione omicidiaria in pochi minuti, non riscontrandosi quindi nella loro condotta alcuna significativa e colpevole eccedenza rispetto alla contingente modalità omicidiaria prescelta ed alla normalità causale; in tal senso convergono anche il tipo di arma impiegate, che singolarmente considerate non erano di particolare potenzialità offensiva, nonché la stessa tipologia di lesioni inferte alla vittima che anche alla visione delle immagini
fotografiche non veniva crudelmente sfregiata”.

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Il giudice ripercorre “le perverse e drammatiche dinamiche relazionali che si erano instaurate all’interno della famiglia, nelle quali la signora Spataro è la vittima che subisce, passivamente, senza possibilità di reazione quotidiane violenze e umiliazioni nel suo essere donna e moglie, mentre i due figli maggiori sottoposti anch’essi a maltrattamenti fisici e psicologici, sono costretti ad assistere, impotenti, alle mortificazioni cui è sottoposta la madre ”.

Ecco perché si parla di “azione delittuosa intrapresa da Spataro Salvatrice è scaturita in un crescente stato di angoscia della donna, determinato dalla paura delle conseguenze che sarebbero potute discendere dalla denuncia del marito che la stessa si apprestava a formalizzare il giorno successivo, paura rivelatasi non arginabile neppure dalle rassicurazioni dei
figli”.

I consulenti hanno inoltre evidenziato che “la donna, di fronte all’ennesima umiliazione e sopraffazione del marito, si sia trovata in preda a sentimenti di rabbia, odio, disperazione, ma soprattutto di paura, arrivando cosi a maturare la decisione di uccidere il coniuge, da lei ritenuta l’unica soluzione per salvare se stessa e la propria famiglia. I medesimi sentimenti di rabbia, ira e paura hanno mosso anche l’agito dei figli,
unitamente all’intento (mai efficacemente realizzato prima di allora) di salvaguardare la propria madre”.

Sulla scelta della pena ha pesato il fatto che i tre imputati sono incensurati. I figli sono stati stati “studenti attenti e partecipi, prima, e lavoratori diligenti e rispettabili, poi”. Per questo meritano la concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate”

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20 Ottobre 2020, 16:32

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