17 Settembre 2020, 17:02
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PALERMO – Il pubblico ministero chiede e ottiene dal giudice per le indagini preliminari il rito immediato per l’omicidio di Paolo La Rosa, assassinato lo scorso febbraio davanti a una discoteca a Terrasini. Aveva 21 anni. Un bravo ragazzo, figlio dei titolari di un noto ristorante di Cinisi e dunque molto conosciuto.
Il prossimo 11 novembre inizierà il processo davanti alla Corte di assise. Lo ha deciso il giudice Antonella Consiglio, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Daniele Sansone.
Alberto Pietro Mulè è imputato per omicidio volontario. Filippo Mulè e Rosario Namio rispondono solo della partecipazione alla rissa.
I fendenti mortali sono stati tre. Alberto Pietro Mulè ha colpito La Rosa con un coltello alla gola e all’addome. Poi è fuggito e si è nascosto, fino a quando non è stato scovato e arrestato dai carabinieri.
Così è stata ricostruita la folle notte davanti alla discoteca Millennium di Terrasini. Alle 3:20 giunge una telefonata ai carabinieri. C’è stato un accoltellamento. Alle 3:55 un’ambulanza è sul posto. La Rosa muore all’ospedale di Partinico. La sorella della vittima, Giuliana, racconta che il fratello ha litigato con il fidanzato, Filippo Mulè.
La lite è iniziata nel locale ed è proseguita fiori. Alberto Mulè ha colpito il fratello della ragazza con un coltello mentre era a terra. Quando sono arrivati i soccorsi Alberto era circondato da decine da ragazzi.
I carabinieri ascoltano alcuni testimoni. Un giovane ha sentito urlare, si è precipitato davanti alla discoteca ed ha visto “Paolo con gli occhi aperti, gli usciva sangue dalla bocca”. Il resto del racconto è raccapricciante.
Un buttafuori della discoteca riferisce che c’è stato un diverbio con un cugino di Alberto Mulè, Filippo Mulè. È stato Paolo a fargli stringere la mano. Il cognato “era alticcio, mentre scendeva dalla scale, ha dato due schiaffi ad un ragazzo più grande senza motivo ed è caduto dalle scale”.
La sorella di Filippo, Mariella, fornisce una versione diversa: “Paolo voleva soddisfazione dal buttafuori. Mio fratello invitava Paolo a stare calmo. Paolo non contento invitava mio fratello ad andare a casa e gli tirava tre schiaffi alla nuca. Si sono azzuffati. Durante la confusione ho sentito che Paolo aveva litigato con qualcuno ma non so riferire con chi. Non ricordo altro, anche perché ho cercato di salvarlo, gli sono stato vicino”.
A completare la ricostruzione sono state le immagini delle telecamere: si vedono ragazzi partecipare alla rissa (non tutti sono stati identificati) e altri cercare di separare i contendenti.
Alberto Mulè estrae dalla tasca un grosso coltello e colpisce La Rosa “con inaudita violenza”. L’assassino viene riconosciuto per via del cappello modello Borsalino e l’abito gessato che indossa. Era una serata di carnevale.
Infine i carabinieri ascoltano un audio che gira su Whatsapp con un altro testimone che ha ricostruisce i fatti: “… arrivò sto Paolo La Rosa e andò ad acchiappare subito a Filippo… gli va a dare quattro pugni in faccia a Filippo… ha uscito quel coltello picciotti, gli ha tagliato la giugulare a giro a giro, due coltellate nella pancia”. Anche qui i particolari del racconto si fanno raccapriccianti.
I carabinieri rintracciano Alberto Mulè. Lo conducono in caserma a Carini. E il ventunenne confessa.
I parenti della vittima si sono assistiti dagli avvocati Salvatore Palazzolo e Toni Palazzotto.
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17 Settembre 2020, 17:02