Cronaca

Ucciso con 57 coltellate, il legale: “Madre e figli si sono difesi”

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11 Marzo 2021, 13:13

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PALERMO – All’esterno del Tribunale amici e parenti chiedono la liberazione degli imputati detenuti agli arresti domiciliari, all’interno la difesa si gioca la carta di un video per dimostrare che agirono per legittima difesa.

Imputati condannati in primo grado

Il processo, appena iniziato in appello, in primo grado si è concluso con la condanna a quattordici anni ciascuno di carcere inflitti a Salvatrice Spataro e ai figli Mario e Vittorio Ferrera. Sono stati condannati per l’omicidio volontario di Pietro Ferrera, 49 anni, ucciso nel 2018 con 57 coltellate in un appartamento di via Falsomiele, a Palermo.

Il fatto fu gravissimo, ma agli imputati, difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo e Simona La Verde, sono state concesse le attenuanti generiche ed è stata esclusa l’aggravante della crudeltà. Uccisero un uomo, marito e padre, nel contesto di una vita familiare da incubo.

Il giudice per l’udienza preliminare Guglielmo Nicastro, in primo grado, ha riconosciuto agli imputati le attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti. Partendo da una richiesta di 21 anni, si arrivò a 14 in virtù dello sconto di un terzo previsto per chi sceglie il rito abbreviato. Risarciti i parenti della vittima, costituiti parte civile con l’assistenza degli avvocati Emilio Chiarenza e Monica Genovese.

Ucciso con 57 coltellate

Il primo dei 57 colpi fu inferto dalla moglie Salvatrice Spataro, poi sono intervenuti i due figli Mario e Vittorio, anche loro armati di coltello. La drammatica sequenza fu ricostruita grazie alla confessione dei protagonisti. La donna era stata chiamata dal marito in camera da letto. Voleva avere un rapporto sessuale, lo pretendeva come accadeva sempre, nonostante il rifiuto della donna. La moglie, una volta entrata in stanza, mentre il marito era disteso e di spalle, lo colpì al collo.

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Le urla e l’intervento dei figli

I figli sentirono le urla e si precipitarono nella stanza. Dissero che volevano soltanto difendere la madre visto che il padre nel frattempo le aveva strappato il coltello. Pietro Ferrera tentò una reazione, aveva ferite alle braccia e alle mani, oltre a quelle nel collo e al torace. Fu raggiunto da colpi “micidiali”, alcuni inferti quando era già per terra e privo di sensi.

Spataro, 46 anni, Mario e Vittorio Ferrera di 21 e 21, lavoratori diligenti e rispettabili, tutti incensurati, uccisero Ferrera per via di “un crescente stato di angoscia” che ha alimentato “rabbia, odio ed esasperazione”. A tutto ciò si aggiunse la paura che scaturiva dal fatto che all’indomani del delitto la moglie avrebbe dovuto formalizzare la denuncia contro il marito.

La lettera della madre

La madre scrisse una lettera al giudice. “Non è semplice raccontare cosa è stata la mia vita in ventitré anni di matrimonio…”, era l’incipit della memoria difensiva in cui ha ripercorso anni di soprusi, minacce, violenze e umiliazioni.

Gli avvocati della difesa hanno chiesto di acquisire il video degli investigatori all’interno della casa, in cui si vede una grossa macchia di sangue sul letto che, assieme alla ferita riportata da Vittorio alla mano, confermerebbe l’ipotesi della colluttazione e dunque della legittima difesa. Di contro c’è il numero di coltellate, 57, che darebbe forza all’ipotesi della sequenza micidiale e rabbiosa di colpi.

Il sostituto procuratore generale Giuseppe Fici ha dato parere favorevole all’acquisizione del video e la Corte di appello, presieduta da Angelo Pellino, si è riservato di decidere sulla richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale.

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11 Marzo 2021, 13:13

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