27 Giugno 2012, 20:24
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E’ andato in missione ed è morto di tumore. Ucciso dall’uranio impoverito, dicono i familiari. Non per il Comitato di verifica delle cause di servizio del ministero della Difesa che ha negato il nesso di la casualità fra la missione in Bosnia e il decesso. Il Tar ora dà ragione ai familiari, bocciando la decisione del Comitato. La sentenza è di febbraio, ma sarà notificata al Ministero la prossima settimana.
Lo sfortunato protagonista è un cinquantenne palermitano. Nei primi anni duemila il primo maresciallo luogotenente dell’Esercito ha fatto parte del contingente italiano di supporto all’operazione Nato in Bosnia Erzegovina. Nome in codice Joint Force. Durante un controllo venne fuori l’anomalia dei parametri dei leucociti del suo sangue. Rientrato in italia dalla missione balcanica gli venne diagnosticato un microcitoma polmonare. Da qui il congedo. Non poteva più fare il soldato, ma neppure stare in ufficio. Eppure il Comitato di verifica aveva scritto che “nei precedenti di servizio dell’interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dare luogo ad una genesi neoplastica. Pertanto è da escludere precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che con il tempo possano essere evolute in senso neoplastico”. I familiari del militare, nel frattempo deceduto, hanno iniziato una battaglia legale che oggi segna un importante passaggio a loro favore. Anche e soprattutto per onorare la memoria del parente deceduto. Si sono affidati all’avvocato Maurizio Castronovo che ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale che scrive: “Delle due l’una o il Comitato non si è in realtà preso cura di considerare adeguatamente, e di valutare di conseguenza, gli impieghi straordinari; oppure se davvero lo ha fatto non si è dato cura di motivare in maniera adeguata, logica e ragionevole una conclusione negativa che andava in direzione contraria a quanto il mondo scientifico e quello istituzionale in quello stesso periodo stava realizzando”.
Sono gli anni in cui anche una commissione parlamentare d’inchiesta si interrogava sulle malattie provocate dall’uranio impoverito, arrivando a concludere che “il verificarsi dell’evento già di per sé costituisca di per sé elemento sufficiente a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari ad ottenere gli indennizzi”.
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27 Giugno 2012, 20:24