Il boss e l’agguato | Storie di mafia e vendette

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06 Aprile 2011, 18:41

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Sembravano due distinti episodi di cronaca. Ed invece li unisce una linea investigativa che offre agli inquirenti una pista, concreta, per fare luce sull’omicidio di Davide Romano, il mafioso del Borgo Vecchio, trovato morto, mani e piedi legati, in mutande, dentro il bagagliaio di una Fiat Punto.

Lunedì sera la polizia arresta, a Palermo, Nicolò Pecoraro, 67 anni, originario di Favara, nell’Agrigentino. Gli agenti lo bloccano nell’area condominiale di un palazzo di corso dei Mille armato di pistola calibro 7,65. Si nascondeva dietro una macchina. Pronto all’agguato. Episodio strano, di difficile decifrazione. Oggi scopriamo che Pecoraro si era appostato sotto lo stabile dove vive, tra i tanti condomini, anche Giuseppe Ruggeri. Un nome che, a primo acchito, non dice nulla. C’è, invece, un particolare che ha acceso l’interesse dei carabinieri del nucleo operativo di Palermo. Ruggeri, infatti, nell’aprile del 2008 è finito in carcere assieme a Davide Romano. L’operazione Freedom smantellò la rete di narcotrafficanti agli ordini del boss di Cosa nostra, Angelo Galatolo.

Coincidenze? I militari, coordinati dal colonnello Paolo Piccinelli, ci credono poco. Nulla accade per caso quando c’è di mezzo Cosa nostra. Prima ipotesi: Ruggeri e Romano hanno commesso uno sgarro che qualcuno ha deciso di fargli pagare. Quel qualcuno ha atteso la scarcerazione di Romano, avvenuta un mese e mezzo fa, per saldare il conto. Come? Ammazzandoli tutti e due. La stessa sera. C’è però una seconda ipotesi, che smentisce la prima. Pecoraro, già indagato per un tentato omicidio, risulta essere grande amico del padre del mafioso del Borgo Vecchio trovato morto nel bagagliaio. Si volevano un gran bene Pecoraro e Giovan Battista Romano, inghiottito dalla lupara bianca a metà degli anni Novanta perché tacciato di essere uno sbirro. L’ipotesi in ballo, dunque, è che Pecoraro, venuto a conoscenza della scomparsa di Romano, poche ore dopo, si sia messo in moto per vendicarlo. O forse solo per avere notizie. Magari proprio da Ruggeri che potrebbe sapere come sono andate le cose. Magari è stata proprio la moglie di Romano, non vedendo rincasare il marito, ad allertare Pecoraro in nome della vecchia amicizia. Ha cercato aiuto e, disperata, potrebbe essersi rivolta a qualcuno che frequenta gli stessi ambienti del marito. E si sa, le voci corrono veloci.

Non è finita. Ruggeri è genero di Salvatore Lauricella, mafioso latitante meglio conosciuto nel suo quartiere, la Kalsa, con il soprannome “U Scintilluni”, per gli abiti di lusso che gli piace indossare. Uno che se ne intende di estorsioni. Uno che potrebbe garantire gli equilibri mafiosi fra i mandamenti di Porta Nuova, di cui la Kalsa fa parte, e Pagliarelli. Via Michele Titone, la strada dove è stato trovato il cadavere di Davide Romano, si trova proprio in mezzo ai due mandamenti. Non può essere un caso che la Fiat Uno sia stata abbandonata lì. Per certe cose servono le autorizzazioni di chi comanda. Anche di questo si è discusso nel pomeriggio durante il vertice convocato in procura. L’aggiunto Ignazio De Francisci, i sostituti Marcello Viola e Roberta Buzzolani, il colonnello Paolo Piccinelli, tutti attorno ad un tavolo per trovare la soluzione ad uno degli episodi più inquietante della cronaca della città di Palermo.

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06 Aprile 2011, 18:41

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