14 Febbraio 2016, 06:20
3 min di lettura
PALERMO – Una data che ha segnato un taglio netto. Che ha diviso il “prima” e il “dopo” in modo violentissimo, sconvolgendo la vita di una famiglia che adesso vive per dare giustizia al proprio figlio. Da quel 14 febbraio per Rosario Naro, la moglie Annamaria e la figlia Maria Chiara, tutto è cambiato: “Da un anno ormai, non pensiamo ad altro. I nostri progetti e i nostri sogni sono svaniti. Dire che non hanno importanza non rende l’idea, perché la verità è che non esistono. Senza nostro figlio tutto ciò che prima poteva sembrarci rilevante non lo è più”.
Sono le parole del padre di Aldo, che alla vigilia dell’anniversario della morte del ragazzo ribadisce il desiderio di giustizia e la necessità di avere delle risposte. Le domande, da quella folle notte alla discoteca Goa dello Zen, si rincorrono, si accavallano. “Io e mia moglie ci chiediamo ogni giorno cosa abbia provato Aldo in quei momenti, come si sia sentito. Riflettiamo su quanto accaduto, ci domandiamo perché sia successo, cosa abbia provocato quella furia, l’accanimento nei suoi confronti. Non riusciamo a spiegarci quella violenza, non sappiamo cosa l’abbia provocata. E vivremo il resto della nostra vita per sapere la verità, per conoscere cosa ci sia dietro al pestaggio che ha strappato per sempre Aldo dalle nostre braccia”.
Un anno fa il giovane medico originario di San Cataldo stava trascorrendo la serata nel locale di via Lanza di Scalea. Si era recato lì insieme ad alcuni amici per festeggiare il Carnevale. Le maschere, le luci, la musica. Poi improvvisamente il putiferio. Una rissa che si concluse con calci e pugni, uno dei quali si rivelò mortale per Aldo. Il 18 novembre scorso Andrea Balsano, oggi maggiorenne, è stato condannato dal Tribunale per i minorenni a dieci anni di carcere per omicidio volontario, era stato arrestato quattro giorni dopo l’accaduto.
“La relativa severità di questa sentenza – dice Rosario Naro – ci ha dato conforto e chi lo sa, magari potrà permettere a chi ha ucciso ad Aldo di rendersi conto del male che ha fatto. Nostro figlio non c’è più e nulla lo riporterà da noi, ma ciò rappresenta un primo passo nel percorso che potrà dargli giustizia. Noi viviamo di speranza – aggiunge – e per questo crediamo che anche la responsabilità delle altre persone coinvolte nel pestaggio verrà a galla”. Le indagini, infatti, non si sono fermate con la condanna del giovane che colpì alla testa il giovane neolaureato. Sono tredici le persone su cui pende una richiesta di rinvio a giudizio e il prossimo 23 febbraio sapranno se finiranno sotto processo.
“La rissa in discoteca è avvenuta davanti a decine di testimoni – prosegue Naro – per questo è evidente che parte della verità deve ancora venire fuori. Io, mia moglie e mia figlia, meritiamo di sapere tutto, di conoscere cosa c’è alla base della violenza che ha ucciso Aldo, senza il quale noi non viviamo più. La nostra esistenza sembra sospesa. Non esistono parole per descrivere quello che ogni giorno proviamo, quanto accaduto non è nell’ordine naturale delle cose. All’inizio non riuscivamo ad accettare nulla e nonostante passi il tempo, la ferita non si rimarginerà. Tra un pianto ed un altro ci fermiamo a riflettere ci accorgiamo che tutte le nostre azioni e i pensieri sono rivolte a lui e a nostra figlia, che dopo il dolore immenso merita un futuro gioioso”.
Domani saranno due le messe per ricordare Aldo a San Cataldo, dove in questi giorni sono apparsi alcuni manifesti dedicati al giovane medico. Riportano la scritta “Aldo Naro, per sempre nei nostri cuori”. “Il paese ci è sempre stato molto vicino – aggiunge il papà del ragazzo – così come le istituzioni e centinaia di cittadini che si sono immedesimati in noi. Aldo era il figlio di tutti, un giovane che aveva dedicato e voleva continuare a dedicare la propria vita al prossimo”.
Pubblicato il
14 Febbraio 2016, 06:20