Cassina, contenzioso di 30 anni | Maxi-risarcimento al Comune

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21 Novembre 2013, 06:15

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PALERMO – È una storia, quasi, in bianco e nero. Che una sentenza del Tribunale civile fa tornare di attualità. Il Comune vince la causa contro la Farsura Costruzioni, società oggi in liquidazione che faceva capo ai costruttori Cassina, famiglia dal passato chiacchierato, finita al centro di inchieste giudiziarie. La Farsura dovrà pagare 127 milioni di euro al Comune di Palermo “nella persona del sindaco pro tempore” che trent’anni dopo è, oggi come allora, Leoluca Orlando. Fu lui il sindaco che quella causa la “provocò” togliendo ai Cassina l’appalto per la manutenzione di strade e fognature nella Palermo anni Ottanta. La Palermo di Salvo Lima e Vito Ciancimino. Apriti cielo. Allora i sindacalisti sfilarono con le bare in spalla, non riproduzioni ma vere casse di morto. Mentre i lavoratori della Farsura, che avevano perso il posto, mostravano i cartelli con la scritta: “Con la mafia si lavora, Viva Ciancimino”. Nel mirino c’erano Orlando e il suo vice Rizzo.

La guerra giudiziaria inizia nel 1974 quando il Comune affida alla Lesca, poi trasformata in Lesca Farsura e infine in Farsura Costruzioni, la manutenzione di strade e fognature per nove anni. Allo scadere, però, dopo una fase transitoria di due anni, la giunta Orlando bandisce una nuova gara vinta da un’altra impresa. Ne nasce un contenzioso. I punti cardine sono questi: nella fase transitoria fra il vecchio e nuovo appalto, dal 1983 al 1986, durante la quale la Lesca aveva continuato a lavorare meritava un aggiornamento dei prezzi ed erano stati garantiti i livelli occupazionali? Nell’88, in sede di arbitrato, il Comune viene condannato a pagare 95 miliardi di lire alla Lesca che li incassa con un decreto ingiuntivo. Non è tutto perché resta in ballo un secondo lodo, la cui decisione viene rimandata dopo la definizione di alcune vicende penali. Nel frattempo, infatti, sia i vertici della Farsura che alcuni ex sindaci del Comune sono finiti sotto inchiesta per frode e truffa nell’ambito dell’appalto.

E nel 1992 arriva un’altra botta per Palazzo delle Aquile: deve pagare altri 42 miliardi. A questo punto il Comune impugna sia il lodo provvisorio che quello definitivo. E nel 2010 la Corte d’Appello dà ragione all’amministrazione comunale. I ricorsi di Farsura vengono rigettati. Allora il sindaco era Diego Cammarata che come avvocato aveva difeso in passato la Farsura. Ora una nuova Corte d’appello ha calcolato quanto spettava al Comune. I giudici hanno rilevato che i periti non avevano tenuto conto del fatto che era stata accertata una frode da parte dell’impresa e quindi avevano riconosciuto alla ditta maggiori diritti rispetto a quelli effettivamente spettanti. Tra il 1980 e 1982 la ditta fatturò diversi miliardi di lire per lavori mai eseguiti. In sede penale era emerso che tale comportamento non era dimostrabile per il periodo successivo, ma i periti non avevano escluso che fosse proseguito nel tempo.

In sostanza, scrive la Corte d’appello ora che “si può ragionevolmente ritenere sistematico il modus operandi truffaldino dell’appaltatore”. I giudici hanno inoltre registrato che la revisione dei prezzi operata aveva avuto un’impennata incredibile “un aumento del 480% nel primo bimestre, del 488% nel secondo bimestre e del 511% nel terzo bimestre. A conti fatti, il Comune, asissitito in questa causa dagli avvocati Anna Maria Impinna e Anna Masaracchia dell’avvocatura comunale, vanta un credito residuo di 127 milioni di euro.

Dal canto suo Orlando non può che esultare: “Credo che la sentenza si commenti da sola, con i suoi chiari riferimenti alla vicenda penale, alle frodi, ai pagamenti non dovuti da parte del Comune. Posso solo ricordare che anche la querela che la Farsura intentò verso di me si concluse con la piena assoluzione nel 1998”. Poi, ricorda i giorni delle feroci critiche: “Per quanto mi riguarda, la lettura della sentenza mi ha fatto tornare alla memoria i tanti insulti e i tanti attacchi di coloro che allora, consapevoli o inconsapevoli, si schierarono a difesa di un sistema di gestione degli appalti pubblici oscuro, clientelare e mafioso, contro cui la mia di allora Giunta si batté con forza e contro il cui ritorno siamo e saremo sempre impegnati”.

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21 Novembre 2013, 06:15

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