Un deserto chiamato via Libertà |Viaggio nel salotto di Palermo scosso dalla crisi

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23 Febbraio 2014, 06:05

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PALERMO – C’era una volta il salotto di Palermo. C’era una volta il lungo boulevard cittadino, definito da Wagner gli ‘Champs-Elysees di Sicilia’, dove le eccellenze commerciali del capoluogo, e non solo, prosperavano grazie e sopratutto alla posizione occupata in quell’asse viario dove la nobiltà palermitana aveva preso residenza. Ebbene, via Libertà, che già nelle intenzioni dei propri ideatori settecenteschi doveva incarnare un ideale di leggerezza e superiorità, dai primi anni del ventunesimo secolo è colpita da una desertificazione commerciale che ha visto sparire storici marchi, grandi bar e sale da the lasciare il posto a store monomarca di grandi griffe. Sono questi i segni della peggior crisi economica dell’età moderna.

Il nostro viaggio, in quella che viene definita l’arteria principale della città, ha inizio dal punto più distante dal centro storico, quello che, per intenderci, ha inizio da piazza Vittorio Veneto. Qui basta davvero percorrere pochi metri per scorgere i primi segni della ‘desertificazione’ delle attività commerciali. Ad accogliere il turista, o più semplicemente i palermitani che percorrono via Libertà per una passeggiata, ci sono infatti locali, originariamente destinati ad uffici e quella che in passato poteva essere una lavanderia, con le saracinesche abbassate. In alcuni casi con ancora all’interno la maggior parte del mobilio ricoperto da una spessa patina di polvere. Immancabili, in coordinato allo spettacolo già di per sè desolante del locale semivuoto, i cartelli delle agenzie immobiliari (si va dai semplici cartoncini 34x13cm fino ai teloni che coprono interamente una palazzina di cinque piani). Dagli ‘affittasi’ ai ‘si loca’ via della Libertà prende sempre più le fattezze di un grande catologo immobiliare che pochi, però, hanno voglia di sfogliare. Gli unici esercizi in piena attività sono bar, ristoranti ed istituti di credito.

Tra le prime attività ancora aperte e che attira la nostra attenzione c’è ‘Chateau D’Ax’, franchising nel campo dell’arredamento e presente con un suo showroom in via della Libertà da diversi anni. In vetrina colpisce la comunicazione ‘Liquidiamo tutto per cessazione attività’. “Sono sette anni che il nostro punto vendita si trova qui – ci spiega Salvatore Messina, dipendente del negozio – ma i buoni risultati conseguiti dalla nostra azienda, nonostante l’attuale situazione d’amministrazione giudiziaria, non sono serviti ad evitare la chiusura di questo punto vendita. Le cause? Ovviamente la crisi”.

Non solo le piccole attività, dunque, sono costrette ad abbandonare un’importante vetrina come quella offerta da via della Libertà. In una città attanagliata dal caro affitti, in cui i grandi marchi storici sono costretti a chiudere, si assiste parallelamente alla calata delle grandi firme nel “salotto buono” considerato dalle multinazionali una posizione privilegiata per la conquista del mercato a cui si rivolgono. Ecco che nella parte ‘nobile’ della via, quella che da piazza Croci porta all’inizio di via Ruggero Settimo, oltre ai già noti colossi della moda (Prada, Gucci, Louis Vuitton) anche altri noti marchi hanno deciso di dare uno schiaffo alla crisi puntando sul capoluogo siciliano.

Michael Kors, Falconeri, Twin set e perfino Tiffany: sono solo alcuni esempi internazionali del lusso che si preparano a conquistare il centro città. Almeno per i primi tre le aperture sono praticamente certe, visto che sono stati già firmati i contratti di locazione, e dunque in controtendenza con le recenti chiusure si prospetta la riqualificazione del centro con una positiva ricaduta occupazionale.

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“Il salotto di Palermo non è più pronto ad accogliere i turisti – dice il presidente di Confartigianato Palermo, Nunzio Reina – non è valorizzato. Non ci sono più negozi di qualità, stanno sparendo quelli di abbigliamento e calzature per dare il posto ad attività commerciali improvvisate e poco allettanti anche esteticamente. A partire da via Libertà, per finire con il cuore del centro storico, da via Roma a via Maqueda, dove ormai si assiste ad una carrellata infinita di locali con il cartello “affittasi”. E non è colpa dei canoni mensili alti: i proprietari sono ormai disposti a trattare sul prezzo, a mettersi d’accordo con chi vuole fare impresa, ma da presidente di Confartigianato sono il primo ad assistere alle richieste di chi si rivolge a noi, che vuole, giustamente, tutelarsi dal punto di vista finanziario e conta spesso sul Fondo perduto o le agevolazioni. Alla base di questa situazione c’è infatti un costo d’impresa difficile da sostenere ed una tassazione schiacciante. Palermo deve riacquistare il suo valore commerciale”.

Ad esprimersi sul medesimo tema è anche Mario Attinasi, presidente di Confesercenti Palermo: “Bisogna amplificare e comunicare che la situazione è molto grave. Qui si parla di fatti legati ad eventi politici mettendo in secondo piano la drammatica realtà del commercio e del turismo. Nessun settore si può ritenere indenne e purtroppo nessuna strada, parlando in questo caso di via Libertà, è immune dalla crisi. Partendo dalla grande, fino ad arrivare alla piccola impresa, c’è bisogno di un intervento immediato in termini di costi ed efficienza della pubblica amministrazione, altrimenti la pressione fiscale non si potrà mai ridurre. A pagare sono sempre gli stessi ed ora siamo ad un punto di non ritorno. Questa settimana siamo stati presenti a Roma con oltre 100mila imprese giunte da tutta Italia e anche Palermo ha fatto sentire forte la sua voce. Il saldo negativo nella nostra provincia, tra nuove aperture e chiusure, è quello che ha visto a fine 2013 ben 900 aziende calare le saracinesche. E putroppo il trend per il 2014 – conclude Attinasi – è in continua crescita”. A fargli eco anche la vicepresidente di Concommercio Palermo, Patrizia Di Dio: “Non ci tengo a fare la Cassandra della situazione ma in Sicilia e, sopratutto a Palermo, viviamo una situazione disastrosa per il commercio. Marchi come Gucci, Prada e Louis Vuitton sappiamo bene che possono mantenere una vetrina nel capoluogo 365 giorni all’anno mentre attività più piccole si vedono costrette a dover chiudere per mancanza di ricavi sufficienti al sostentamento. È arrivato il momento di invertire la marcia e il grande raduno che si è organizzato a Roma è un primo segnale in tal senso”.

Costretto a un ridimensionamento anche il noto marchio palermitano del settore dell’abbigliamento Bucalo. L’azienda è stata costretta a chiudere lo scorso ottobre il punto vendita Murphy&Nye in via Roma e a dover ridurre notevolmente il suo punto vendita proprio in via Libertà. Alla base della chiusura, oltre la crisi del settore dell’abbigliamento, c’è il caro affitti degli immobili. “Anche rivedendo il prezzo di mercato – afferma l’azienda in una nota – in molto casi, come per i punti vendita di via Roma e via Libertà, il costo dell’affitto risulta essere esagerato rispetto all’odierno mercato immobiliare. Per quanto riguarda il negozio di via Libertà è stata ridotta la superficie perché non è stato possibile prorogare l’affitto”. Per Francesco Ioppolo, consulente del lavoro Gifrab Italia Spa (Bucalo) “le perdite sui ricavi del gruppo nel 2013 sono di circa 4 milioni di euro. Un buco enorme che non lascia alla società altra scelta che diminuire i propri dipendenti e anche i punti vendita. Siamo molto dispiaciuti ma è inevitabile. I consumi si sono ridimensionati e la gente non compra più”.

Nel nostro tour incrociamo anche un’attività che ci strappa un sorriso. Percorrendo via Mazzini, una delle principali traverse di via Libertà, un’insegna nella boutique ‘Loredana Natalè’ ci incuriosisce: riporta la scritta ‘Vendo tutto e vado via…’ , all’apparenza ennesimo caso di negozio costretto a chiudere o addirittura ad espatriare perchè stritolato da tasse e affitti troppo alti. “Non chiudiamo, nè lasciamo Palermo – spiega la titolare – il nostro slogan tiene soltanto a precisare che ci trasferiremo presto in via Daita, pochi metri più avanti. La crisi ha ovviamente colpito anche la nostra piccola attività ma noi continuiamo a lavorare, nonostante tutte le difficoltà”. Un piccolo esempio quello della boutique in via Mazzini che accomuna gran parte dei commercianti palermitani che, nonostante la crisi imperante, sperano di tornare un giorno a gremire quel salotto che gli spetta.

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23 Febbraio 2014, 06:05

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