Un destino all’ombra di Raffaele

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11 Marzo 2012, 08:36

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Ormai la data è stata fissata. Il prossimo 27 maggio, ovvero la domenica successiva agli eventuali ballottaggi per le amministrative, Giuseppe Lupo rassegnerà le proprie dimissioni da segretario regionale del Pd. Un atto obbligato per evitare la conta in assemblea e un lacerante braccio di ferro che avrebbe dilaniato il partito in piena campagna elettorale.

Una data, quella del 27 maggio, che segnerà quindi la fine della seconda segreteria nella storia dei democratici isolani, dopo quella di Francantonio Genovese. Una segreteria, quella di Lupo, che non si può proprio definire una passeggiata. Non solo perché nel Pd, partito animato da quella che viene definita “un eccesso di democrazia”, neanche il numero uno è mai sicuro del suo posto, ma soprattutto perché su quella poltrona ha sempre gravato un’ombra pesante: quella di Raffaele Lombardo. Il destino del governatore siciliano ha sempre condizionato, sin dall’inizio, l’avventura di Lupo alla guida del Pd: eletto nel novembre del 2009 alla guida dei democratici isolani perché contrario all’alleanza con l’Mpa (con Lombardo definito “l’altra faccia di Cuffaro”), attaccato durante tutto il suo mandato perché a favore del sostegno esterno al governo, e oggi defenestrato perché contrario al patto politico con il numero uno di Palazzo d’Orleans a Palermo.

Un percorso ondivago, quello di Lupo, che nel giro di quasi tre anni è stato capace di cambiare strategia, alleati e posizione politica restando sempre ancorato al suo posto. Almeno fino a ieri. Dipendente dell’Enel e cattolico di ferro, come i suoi mentori, Cocilovo e D’Antoni, Lupo passa una vita nella Cisl prima di venire catapultato nell’agone politico da protagonista. Al momento della sua elezione all’Ars, nel 2008, quello che era all’epoca il segretario provinciale del sindacato cattolico raccoglie più di 11.000 voti, arrivando secondo e superando di quasi duemila preferenze il veterano Cracolici. Un risultato di tutto rispetto, che è solo il primo passo di una sfolgorante carriera.

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Appena un anno dopo, nel febbraio 2009, viene chiamato a Roma da Franceschini nella segreteria nazionale, prima di candidarsi nel luglio successivo alle primarie per la guida del Pd siciliano. Una sfida combattuta col sostegno dei popolari che fanno capo a Marini e Fioroni e che lo vede contrapposto a Beppe Lumia e Bernardo Mattarella, quest’ultimo in rappresentanza della Bindi. Una partita difficile, arrivata al ballottaggio e poi vinta a novembre grazie proprio alla convergenza di Mattarella, sull’onda di una linea intransigente: mai alleati di Lombardo. Una posizione dura, sostenuta da quella che sarà al’rea Innovazioni e osteggiata dal duo Lumia-Cracolici.

Ma si sa, la politica non ha certezze. E così Lupo, da strenuo oppositore del governatore, comincia pian piano a rivedere la sua posizione e si avvicina sempre più a chi dal congresso era uscito sconfitto. Si rinsalda, in questo modo, un’asse con Cracolici, capogruppo all’Ars, che porta il partito all’appoggio esterno all’esecutivo e Lupo a rinnegare gli alleati di un tempo, con Mattarella, Bianco e Crisafulli a comporre l’opposizione interna. Passano due anni turbolenti, vissuti fra tensioni e rese dei conti all’interno del partito, in un delicato equilibrismo fra Roma che condanna l’alleanza con i moderati e le istanze del Pd locale che invece vuole rompere lo schema tradizionale del centrosinistra.

Sono in tanti a parlare della Sicilia come laboratorio politico e, proprio quando gli equilibri nazionali sembrano dar ragione al dialogo con il centro, con Monti che arriva al governo, Lupo ritorna sui suoi passi. Il segretario si avvicina sempre di più a Bersani: un’intesa, questa, consacrata dalla candidatura di Rita Borsellino alle primarie di Palermo, proprio in opposizione all’alleanza con Lombardo, che porta alla rottura con Lumia e Cracolici. Una scommessa persa, però, dentro i gazebo che segnano la sconfitta su tutta la linea del segretario che oggi raccoglie i cocci e annuncia l’addio.

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11 Marzo 2012, 08:36

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