Un miracolo a Ragusa | La moda si fa grande

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15 Dicembre 2017, 11:49

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“Or che i sogni e le speranza Si fan veri come fiori, sulla Luna e sulla Terra Fate largo ai sognatori”, scriveva Gianni Rodari. Chi riesce a non prendersi sul serio ha la fortuna di provare l’emozione di vivere moltissime vite vestendo continuamente i panni del sogno. Ma che vestito ha il sogno mi chiederete voi… È un vestito di nuvole e colori, profuma di brezza estiva e sole ottobrino. Ti veste come una carezza e ti cinge come un abbraccio. Ha il calore di un sorriso e la leggerezza di un bacio. Stordisce come il vino annebbiando una inutile realtà e ti accompagna nel futuro come un ricordo intramontabile.

Vestirsi di sogni è un modo per evadere, un tuffo dove il mare è più blu. Sono svariati i modi di sognare. Basta solo crederci facendo attenzione a giocare dentro il confine, tanto labile quanto rischioso, che separa il sogno dalla realtà. Un passo in più e il sogno può diventare prigione, non volano ma vincolo, non speranza ma sofferenza. Bisogna essere intelligenti per sognare, bisogna crederci fermamente e riuscire, all’un tempo, a non crederci affatto. Non è da tutti volare sulle ali della fantasia. Dall’alto le bassezze del mondo risultano ancora più piccole e insignificanti ma se ci cadi sopra possono farti molto male.

Ragusa, la mia bellissima Ragusa, isola isolata e felice, sogna. Per carità, abbiamo mille difetti e infinite manchevolezze, eppure questo piccolissimo angolo di paradiso è un buco nero con il quale difficilmente si riesce a recidere il cordone ombelicale. Straordinari talenti, incoronati dal bel mondo nordico, scappano da un futuro certo offerto dal settentrione e tornano, sognando, nella dolce terra di Sicilia. E di questa né cantano le gesta come nella migliore chanson de Roland.

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Ne dipingono le morbide fattezze su tele bianchissime, ne ricamano lo splendore della luce sopra abiti incantati e ne descrivono la fierezza delle donne su borse incandescenti. Fabrizio Minardo, straordinario talento ragusano ha inaugurato con una sfilata il cui nome “nostos” è già di per sé il racconto di un ritorno, le sue creazioni figlie di una esperienza milanese firmata Dolce e Gabbana e frutto di una eredità brillante che ha la dolcezza delle colline iblee e la luce accecante di una pietra che ruba sole al sole per poi restituirlo agli occhi dei passanti. Coraggio e amore, sfrontatezza e delirio, passione e richiamo. I suoi abiti parlano chiaro. I suoi occhi brillano tanto.

Cinzia Franzó, ragusana entusiasta ed entusiasmante. Ha fatto di una idea un marchio, di un sogno una realtà, di una storia un racconto. Tre donne della nostra più arabeggiante tradizione, Angelica, Bradamante e la Mora, eroine focose e astute, diventano protagoniste della quotidianità di oggi. Tutte e tre, con le loro diverse sfumature, sono il sunto della donna siciliana. Pronte a morire per amore, disposte ad uccidere per amore. Passionali e brucianti, intelligenti e ponderate. Sono impresse sulle modernissime bag e sui comodi zaini con le fattezze che la migliore tradizione dei carretti siciliani ha saputo tramandarci.

Quando la moda diventa arte e richiama la storia allora non ci si veste più bensì ci si spoglia di ogni bruttura indossando solo soave bellezza. Carlo Giunta, ragusano di nascita ed errante tra le perle del barocco ibleo, riesce ad imprimere con uno scatto un’emozione. Ferma il tempo prima che il tempo scorra, lo regala al futuro con un click. Ruba luce al giorno e ombre alla notte. Ad essere ladri di bellezza di vuole coraggio e sfrontatezza. Un siciliano vive l’orgoglio della propria terra e difficilmente riuscirà a liberarsene. Si scappa sempre per ritrovare e ritornando si intraprende il lungo e periglioso cammino del sogno. Fluttuando come un fiore d’acqua sul presente “con un piede nel passato e lo sguardo dritto e attento nel futuro”. Sognare del resto è un atto di pura immaginazione che regala a chiunque ne sia ancora capace, uno straordinario potere creativo. Chi sogna crea, chi crea sogna.

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15 Dicembre 2017, 11:49

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