22 Aprile 2020, 17:17
2 min di lettura
CAOS CALMO
“Tre passi e dentro la finestra
Il cielo si fa muto
Resto lì a guardare…”
È proprio vero che la poesia anticipa la visione di cose che la scienza scoprirà.
Chissà se Tosca, cantando “Ho amato tutto” a Sanremo (ed ingiustamente non vincendo), intuiva di avere previsto ciò che di lì a poco sarebbe accaduto.
Milioni di persone, o forse qualche miliardo sulla terra, avrebbero vissuto quella sensazione di strano scoramento.
Lei – con la purezza di poche note – l’aveva già raccontata.
L’avvicinarsi alla finestra ed avvertire il più assordante tra i silenzi: quello dell’anima.
Ispezionare con lo sguardo il cielo per coglierne un presagio di futuro e ricevere, da quella immensità, un terso ma infinito dubbio.
Sentirsi circondati da un nemico invisibile e feroce, tanto feroce da non consentire neppure la più solidale tra le pietà condivise: quella della preghiera di addio in un luogo di culto.
Un cielo che si fa muto e lo sguardo attonito di una umanità smarrita in un incomprensibile dolore.
Un caos calmo, come lo aveva descritto un altro geniale narratore del nostro tempo.
La sensazione di precipitare – da fermi – in un vortice verso il basso senza mai cadere definitivamente e un mondo che, attorno a noi, diventa sempre meno comprensibile.
E’ vero, però, che il caos ha generato nuove dinamiche e nuova vita.
Ce lo insegna l’Universo con le sue segrete leggi che nascondono l’onnipotente ed attento sguardo di un Dio.
Ed allora cosa resta all’uomo nel suo disorientamento?
Resta la possibilità di “sentire” che nuove primavere verranno e cancelleranno il gelo e la paura della morte.
“You must believe in spring”, occorre avere fede in nuove primavere e nella possibilità di viaggiare, ancora, nell’avvolgente profumo della vita.
Devi credere nella primavera, titolava uno dei più struggenti pezzi mai scritti in musica da Bill Evans.
E più forte era il dolore per la morte dei suoi cari, per il male di vivere e per l’inarrestabile sfortuna, ebbene, più alta era la bellezza di quell’armonia che superava ogni troposfera.
Dobbiamo credere nella primavera e non solo in quella di una mite e carezzevole brezza increspante le onde del mare o inebriante l’olfatto con effluvi di fresie colorate.
La fede che ispira il nuovo tempo in cui credere è permeata dalla rinata consapevolezza di se stessi e dell’importanza dell’altro nella nostra vita.
Una coscienza rifondativa dell’idea dell’Io e dei rapporti sociali.
Lo aveva intuito il poeta Gautier, più di un secolo addietro, allorché profetizzò la sua Verità in un semplice aforisma:
“Dio si è riservata la distribuzione di due o tre cose sulla terra sulle quali nulla può l’oro dei potenti: tra queste il genio, la bellezza e la felicità”.
Ricominciare da questa idea è rendersi parte di una nuova primavera sul cui avvento dobbiamo per necessità credere…
Pubblicato il
22 Aprile 2020, 17:17