23 Marzo 2016, 10:16
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BRUXELLES – La paura, la rabbia e la voglia di ricominciare della gente che rimane in casa. Il silenzio assordante nel deserto di strade che non assolvono alle abitudini quotidiane di chi è solito percorrerle, fuori. Bruxelles si è svegliata così stamani, a 24 ore dagli attentati all’aeroporto di Zaventem e sul treno del metrò nei pressi della stazione di Maelbeek. Città isolata, scuole chiuse, situazione simile nei comuni limitrofi. Un clima di forte sgomento, con ancora negli occhi le immagini dell’attentato che non colpisce al cuore solamente il Belgio, bensì l’Europa intera. Inedite istantanee di vita che prova a sfuggire alla morte e al terrore, da raccontare attraverso gli occhi e le parole di un palermitano che da qualche anno risiede nella culla del Vecchio Continente, a pochi chilometri dalla città sede della Commissione europea.
Una città in ginocchio, che prova a chiudersi a riccio in attesa di un segnale di speranza. Di un via libera verso un lento ritorno alla normalità. “Qualche giorno di tensione si era già vissuto dopo gli attentati a Parigi – spiega La Cavera –. Adesso la situazione è ben diversa. Non sarà semplice ricominciare, occorrerà del tempo per riabituarsi. Peraltro il massimo livello di allerta permarrà ancora, questa volta non si potrà cancellare tutto con un colpo di spugna”. Paura che si somma ad altra paura, finendo per giocare tiri mancini alla lucidità, da non perdere in questi casi: “Ieri avevo anche pensato di tornare a Palermo per qualche settimana, senza considerare l’ovvia chiusura dell’aeroporto. Probabilmente è stato meglio rimanere, con l’intento di riprendere al più presto la mia attività professionale”.
Tornare a lavorare in campo, con l’obbligo di guardare avanti. Anche se non sarà semplice: “Ieri abbiamo dovuto disdire ogni impegno nelle cinque accademie che abbiamo in Belgio, nonostante non siano vicinissime a Bruxelles, dove peraltro avevamo in programma uno stage internazionale per la prossima settimana. Ma l’allerta era ed è ai massimi livelli ovunque. Oltretutto, era doveroso fermarsi per rispetto nei confronti delle vittime, oltre alla necessità di tutelare i nostri bambini. Speriamo di poter riprendere quanto prima”. Anche per infondere coraggio ai più piccoli: “Proverò a parlare con loro, per conoscere le emozioni avvertite nel momento in cui hanno saputo degli attentati e comprendere il loro attuale stato d’animo. Cercheremo di superare l’accaduto ricordando la necessità di essere prudenti, ma non per questo impauriti”.
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23 Marzo 2016, 10:16