Cronaca

Un papà che guarda le partite: addio allo ‘sceriffo’ Enzo Totti

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12 Ottobre 2020, 20:25

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Lo chiamavano ‘Lo Sceriffo’, Enzo Totti, papà dei suoi figli, e di Francesco, che oggi si è spento. E ci sono ottime ragioni per un soprannome tanto tenero e altisonante. E chi è diventato figlio in quegli anni, pensa subito, con raddoppiata gratitudine, a un altro omone dal cuore generoso: Bud Spencer. Chi è stato ragazzo in quegli anni magici non scorderà mai Bud che, nei panni dello ‘Sceriffo extraterrestre’, salvava il piccolo alieno dal cinismo di un mondo non pronto a coglierne la poesia. E chi ha ascoltato la colonna sonora di quel film, la musica anch’essa magica dei fratelli De Angelis, ha ancora nelle orecchie gli strappi dolorosi dell’ultimo valzer, mentre un bambino sperduto nella sua notte chiama con insistenza ‘Sceriffoooo!’ in una scena che sembra un addio ed è solo un arrivederci. Siamo cresciuti, però il cuore batte forte nell’umpappà della memoria.

I meravigliosi anni Ottanta

Erano gli anni Ottanta (e qualcosa di più). Anni di padri, come il signor Enzo, che andavano al campo di calcio a guardare la partita dei figli, senza distrarsi con il telefonino. Padri buonissimi, un po’ sceriffi, ma terrestri, con la fatica e la voglia di esserlo. E il primo pallone regalato. E chi non lo ricorda? E non importa se sei Totti, o eri uno scarparo del calcio d’angolo. Tutti, Totti o non Totti, abbiamo amato lo sguardo di un papà oltre la recinzione. E l’asticella sempre più in alto, per un rampollo dal talento così sfolgorante, non allo scopo di mortificarlo, ma per spingerlo ad arrivare nel suo posto: quello degli indimenticabili. E la pizza alla mortadella, condivisa negli spogliatoio di Trigoria, non indicata nella dieta dell’atleta, ottima per lo spirito di gruppo.

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Una famiglia normale

Anche per questo Francesco è diventato Totti. Non soltanto per la genialità di piedi che, come disse Walter Sabatini, un poeta mascherato da direttore sportivo, sono stati autori ‘di giocate non riproducibili’. Per l’amore che ha respirato come la normalità, in una famiglia normale, con papà, mamma e fratello, in armonia, dove essere normali è sempre stato normalissimo, nell’impegno di essere al meglio se stessi, prima che di giocare da divinità. Se gli altri ti insegnano, è più facile inseguire la bellezza che non sapevi di avere dentro e poi coincidere con lei. Ed è più semplice coltivare la generosità, sotto l’abito scintillante del campione: è l’assist che fa la differenza. Il trofeo che non si riempie di polvere.

Enzo, lo ‘Sceriffo’

Già. Totti (Francesco) che in una intervista al compianto Gianni Mura, parlando dei bambini, aveva detto: “Sono un patrimonio immenso. Perché mi piace pensare di aiutarli a crescere. E quello che più di tutto mi sconvolge sono le sofferenze dei bambini”. Chi è stato aiutato a crescere, aiuta. Chi ha avuto un padre che andava al campo, resterà per sempre un po’ bambino. Chi è ancora un grande figlio non scorderà mai. Chi è stato un grande padre non sarà mai messo in un angolo e dalla vita, nella memoria degli altri, avrà il massimo dei voti. Dieci. E poi, quando l’odioso tizio vestito di nero, fischia nell’ombra, certamente non ti va che la partita sia finita. Ma guardi il campo. Ma sei felice del bene dato e ricevuto, prima di abbandonarlo. Arrivederci, Sceriffo.

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12 Ottobre 2020, 20:25

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