01 Settembre 2014, 11:20
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PALERMO – Una notte lunghissima, interminabile, tutta ad occhi spalancati per guardare ancora, come una penitenza obbligata, il gol di Gastaldello al novantesimo, che bruciava in un attimo, un attimo fuggente (anzi sfuggente: il capitano blucerchiato a Pisano), una vittoria coltivata, coccolata, blandita per tutta la partita. Così mi son levato di buonora e mi son detto: perché soffrire ancora, non mi è bastato quell’attimo sfuggente che mi ha trafitto il cuore da parte a parte? E ho deciso di registrare nel mio personalissimo libretto dei risultati del Palermo (ne tengo uno all’anno, dai primi anni sessanta ad oggi) e in questo, nuovo di zecca, ho segnato: Palermo-Sampdoria 1-0, gol di Dybala all’8’.
Già, Dybala, il “bambino” argentino che aspettavamo da oltre due anni, costato al Palermo unì’iradiddio di milioni d’euro; un campione in erba che non si decideva di maturare e finalmente dimostrare il suo grande talento. E invece solo sprazzi, un bagliore ogni tanto, un colpo d’ala sì e, nel frattempo, tante ingenuità. Della sagra: vorrei ma no posso, sono piccolo e nero ma non mi chiamo Calimero. Ebbene, ieri Dybala è uscito prepotentemente dal guscio dorato nel quale era stato, forse suo malgrado, imprigionato e ha sfoderato una prestazione maiuscola, e per di più nel ruolo che nessuno di noi gli ha mai voluto riconoscere: quello di prima punta: “Troppo fragile”, “Fisicamente inadatto”, “Scarso senso del gol”, e via dicendo, per spiegare che lui è sì bravino, tecnicamente raffinato, ma può fare solo la spalla, tutt’al più la seconda punta. E sembrava tutto vero, inconfutabile, perché questo e non altro avevano detto i suoi due anni e passa di milizia rosanero. Ieri, invece, appena otto giorni dopo l’impalpabile prestazione offerta con il Modena, Paulo è subito apparso scatenato, una freccia acuminata nel cuore della troppo sbarazzina difesa blucerchiata, tutta in linea, avanzatissima, a sfiorare il cerchio di centrocampo. In quegli spazi sterminati Dybala si è avventato con la famelica velocità di un ghepardo, ha “scherzato” come gli pareva il forte, lento e legnoso Regini e si è subito capito che per la Samp sarebbe stata presto notte fonda. Cominciata subito all’ottavo minuto di gioco, quando su una fulminea ripartenza, Barreto in acrobazia lanciava un pallone alto oltre l’avanzatissima linea blucerchiata. E Dybala era già in volo, arrivava prima su quella palla, la domava con il petto e se la portava avanti quanto bastava per presentarsi solo al cospetto del neo portiere blucerchiato ed ex rosanero, Viviano. E lo infilzava con un preciso diagonale di sinistro. Il tutto, dopo avere resistito allo spintone di Regini, che arrancava alle sue spalle. E tutti noi, sugli spalti, a saltare ed urlare una felicità, che aveva un sapore speciale, quello che ti regala un dono inatteso. E quel Dybala che si infila come una freccia negli spazi, dribbla e sguscia, offre assist a go-go e, come non bastasse, conclude pure alla grande, cos’è se non un magnifico regalo, una sorpresa abbagliante che ti lascia prima sbigottito e, subito dopo, ebbro di gioia? Che Dybala, ragazzi. Un altro così, diciamo simile ma non identico, l’avevamo visto quasi due campionati fa, sempre contro la Samp, e furono due gol suoi a sancire una vittoria bellissima. Ma quelli erano altri tempi e quello non era un Dybala prima ed unica punta, perché c’era un certo Micccoli accanto a lui. Stavolta, invece, lì davanti c’era solo lui, e l’immensa prateria che la presuntuosa Samp di Mihajlovic gli spalancava davanti. Paulo lo aveva promesso, alla vigilia: “Devo tutto a Zamparini, che mi ha sempre difeso e farò di tutto per meritare la sua fiducia”. Detto, fatto. Dybala, ringalluzzito dalla prodezza del gol, si scatenava ancor di più, anche perché la Samp doveva giocoforza sbilanciarsi per acciuffare il pareggio. Gli spazi per Dybala aumentavano e lui non si tirava mai indietro e Regini non lo teneva proprio, solo falli e spintoni, che gli costavano la prima ammonizione.
Chiunque, al posto di Mihajlovic avrebbe cambiato la marcatura, ma lui no, lui è Mihajlovic e ha le sue idee; lui è venuto a Palermo per vincere e non basta certo un gol preso per fargliele cambiare. Né un attaccante avversario che sta seminando il panico nella sua difesa: che Regini resti dov’è e stringa la marcatura, io devo pensare ad organizzare centrocampo ed attacco per acciuffare il pareggio. Così, al 40’ un’altra palla fila in verticale nel cuore della difesa blucerchiata e c’è sempre lui Dybala in agguato; Regini non trova di meglio che deviare quella palla di mano. Forse involontario, di certo troppo vistoso il suo intervento per sfuggire all’occhio vigile di Tommasi che fischia, ammonisce e, quindi, manda negli spogliatoi il centrale blucerchiato. 1-0 e superiorità numerica: un urlo lungo e tonante sale dagli spalti fino al cielo, non c’è nessuno in quel momento che non pensi che la partita non sia già chiusa. Basterà pressare un po’ di più, magari mettendo un attaccante per un difensore, così da spegnere sul nascere le velleità di un avversario in condizioni di inferiorità non solo numerica ma anche psicologica, ed è fatta: prima partita di campionato, vittoria per 1-0 e tre punti nel carniere. La felicità si legge e si vede. Bandiere che sventolano in curva Nord, canti, cori ed inni, senza un attimo di tregua. Una curva Nord così bella non la vedevamo da tempo, sembra finalmente tutta unita, anche se in effetti ancora non lo è. Ma lo speriamo tutti, io in particolare che da quelle parti ho vissuto gli anni più belli della mia lunga e mai finita stagione rosanero. Sono attimi bellissimi, quelli che ci portano in vantaggio alla fine del primo tempo. Mi aspetto una correzione ad hoc nella ripresa, mi figuro subito un Belotti per un centrocampista (Rigoni, apparso ancora lento e impacciato, e non solo come regista) e invece tornano in campo sempre gli stessi. Il primo a cambiare e Mihajlovic con l’ingresso di Krsticic per Obiang al 19’ ma quel che mi preoccupa non è tanto l’undici rimasto tale e quale, malgrado la superiorità numerica, quanto l’atteggiamento: di attesa, se non di paura. Il che quasi suggerisce alla Samp di osare l’inosabile, così da metter fuori un centrocampista del livello di Palombo per Bergessio, l’odiato ex catanese, che, infatti, viene subissato da un uragano di fischi. Prudenza, cautela, paura: chiamale come vuoi, certo è che noi ci limitiamo al contropiede, sbagliando regolarmente l’ultimo tocco, mentre loro continuano a pressare e, alla fine, ad ottenere angoli, che sono sempre insidiosi: mischie e rimpalli e può succedere di tutto. E succede, infatti, al 90’ e Gastaldello fa l’1-1e sembra impazzito di felicità mentre corre verso la sua panchina.
Ma io me ne infischio, oggi di prima mattina, non ne voglio sapere di Gastaldello: per me la partita è finita 1-0, gol di Dybala, il ritrovato principino rosanero che, batti e ribatti, ha finalmente imparato come si diventa giocatori veri. E, a prescindere dai miei librettini rosanero, la partita di ieri un segnale positivo lo ha dato: la squadra c’è, specie con gli innesti già arrivati o da concludere. Coraggio, dunque, armiamoci e partiamo: questa serie A non ce la strapperà più nessuno dalle mani.
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01 Settembre 2014, 11:20