“Un partito finanziato dai Servizi | e Fiandaca esautorato”

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19 Febbraio 2020, 20:02

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PALERMO – Volevano fondare un partito finanziato con i soldi dei servizi segreti e scalzare Giovanni Fiandaca dal ruolo di garante per i detenuti. Sono i retroscena inediti dell’inchiesta che vede coinvolto Antonello Nicosia, militante dei Radicali, in carcere per mafia, contenuti in un’informativa dei carabinieri del Ros.

Il 20 maggio 2019 gli investigatori hanno monitorato un incontro fra Nicosia, l’avvocato Michele Capano, anche lui militante dei Radicali, e Antonino Vaccarino, avvenuto a Castelvetrano. Un mese prima, in aprile, Vaccarino era stato scarcerato dal Tribunale del Riesame di Palermo che aveva accolto il ricorso del difensore dell’ex sindaco di Castelvetrano, assoldato in passato dai servizi segreti per stanare Matteo Messina Denaro.

Vaccarino, anni fa protagonista di un fitto carteggio col boss latitante, è indagato per favoreggiamento alla mafia perché avrebbe passato informazioni riservate su alcune indagini. Lo scorso gennaio Vaccarino è tornato in carcere dopo che la Cassazione ha accolto il ricorso della procura di Palermo contro la scarcerazione.

Nei dialoghi intercettati e consegnati al procuratore aggiunto Paolo Guido e ai sostituti Francesca Dessì e Calogero Ferrara emerge che sarebbe stato Vaccarino a dirsi disponibile a trovare finanziamenti occulti per un nuovo partito.

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Dalle intercettazioni emergerebbe pure il tentativo di Nicosia di farsi nominare al posto di Giovanni Fiandaca, nel ruolo di garante siciliano per i diritti dei detenuti. Avevano programmato un’azione di accerchiamento. Post su Facebook, manifestazioni a Palazzo d’Orleans e lettere da indirizzare a Nello Musumeci per convincere il presidente della Regione a revocare l’incarico al docente universitario.

Dovevano portare avanti la tesi che Fiandaca non svolgesse a pieno il suo mandato in difesa dei diritti dei detenuti. Tramite un avvocato Nicosia avrebbe cercato di fare sposare la sua tesi ai deputati regionali del Movimento 5STelle Roberta Schillaci e Matteo Mangiacavallo. Ai due politici, all’oscuro delle trame, dovevano essere spiegate le ragioni di una rimozione che doveva apparire necessaria.

Nicosia ne parlava a giugno del 2019. Cinque mesi dopo sarebbe stato stato arrestato anche perché, secondo l’accusa, avrebbe sfruttato il suo ruolo di assistente parlamentare della deputata di Italia Viva, Giuseppina Occhionero, indagata per falso, per avere libero accesso nelle carceri e incontrare i detenuti.

Il piano, però, era molto più ambizioso: ottenendo l’incarico di garante dei detenuti le limitazioni per gli accessi carcerari sarebbero state ancora meno stringenti. Altro progetto di Nicosia era quello di avviare un progetto per i carcerati e ottenere i finanziamenti dello Stato. Per farlo serviva l’appoggio dei politici. Ed erano donne deputate quelle che Nicosia cercava di convincere e nei confronti delle quali faceva apprezzamenti che con la politica nulla avevano a che vedere.

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19 Febbraio 2020, 20:02

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