Un pentito nel clan di Bagheria| Morsicato, dal blitz alla confessione

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28 Giugno 2014, 11:07

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PALERMO – Benito Morsicato studiava da mafioso. Ed era sulla “buona strada”. Quando bisognava intimidire un commerciante lui rispondeva signorsì. Morsicato, 35 anni, la sua carriera in Cosa nostra ha deciso di interromperla sul nascere. È diventato un collaboratore di giustizia, smettendo i panni di soldato della famiglia mafiosa di Bagheria. Era finito in carcere ad inizio giugno nel blitz dei carabinieri che azzerò il potente mandamento in provincia di Palermo. Pochi giorni dopo disse di volere saltare il fosso. Da qui il trasferimento, assieme ai familiari, in una località protetta. Nella scala delle gerarchie prima c’era Nicola Greco, il presunto capo, poi il braccio destro Giuseppe Di Fiore e il capo decina Giorgio Provenzano agli ordini del quale operavano una schiera di picciotti emergenti, fra cui Morsicato. Che non è nuovo negli ambienti criminali. Pluripregiudicato per rapina, era finito in cella ad inizio 2014. Autista del Coinres lo sorpresero mentre rubava il gasolio dai mezzi del Consorzio che raccoglie la spazzatura nei paesi di quella fetta di provincia. Il resto lo hanno fatto le microspie piazzate dai carabinieri del Nucleo investigativo e del reparto operativo.

Morsicato, come emerse nel recente blitz antimafia denominato Reset, era responsabile di alcuni danneggiamenti. Era un uomo del racket delle estorsioni. Nel mirino era finito, ad esempio, un commerciante di pesce di Santa Flavia a cui prima misero due proiettili nella cassetta della posta e poi gli bruciarono il portone di casa. Giovanni Di Salvo e Salvatore Lo Piparo progettavano di “fare un lavoro qua al cane (soprannome del commerciante ndr)” e il braccio operativo doveva essere Morsicato: “… glielo facciamo fare a Benito… glielo diciamo a lui che con pochi soldi, un regalo… tutto il portone gli deve fare prendere… il portone… gli butta la cosa a terra…”.

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Non ci volle molto per convincere Morsicato che, a proposito della sua abilità, spiegava quale dovesse essere il modus operandi: “un bidoncino da venti… lo rovesci per terra… lo fai svuotare tutto e cosi succede il vìva Maria… perché qua come vai con un litro non fai niente… qua minimo devi rovesciargli il bidone di venti litri per terra…”. Morsicato si metteva sempre a disposizione come dimostra un altro dialogo avuto sempre con lo Piparo e Di Salvo: “… tanto non c’è premura, la premura che cominciamo questa sera a lasciare un segnale, poi la prossima settimana è un altra settimana… prima con il più grosso partiamo… prima si ci parte dal più grosso, però gli facciamo barba, sciampo e capelli e poi gli andiamo a fare solo il ritocco della barba…”.

E Morsicato si dimostrò abile anche nello scovare un paio di telecamere piazzate dai carabinieri: “ … lo sai che due di quelle cose le ho tolte… le arancine… ieri sera glielo fatte togliere… li ho nascoste io… una è fatta a morsetto… piccola… piccola… una dentro la cassetta… ma una cosa professionale cosi… con tutto il motorino che si alza… gira.. c’è un zoom cosi” . Non gli servì a nulla. Non gli servì ad evitare il carcere. Ora ha scelto di tagliare i ponti con il passato. E sta collaborando con i magistrati di Palermo. Li aiuterà a fare chiarezza soprattutto sul pizzo e sugli interessi criminali nella raccolta dei rifiuti. Agli inquirenti servirà per completare il puzzle già ampiamente avviato con il pentimento di Sergio Flamia, un boss che ha partecipato a decine di omicidi.

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28 Giugno 2014, 11:07

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