21 Ottobre 2019, 14:00
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PALERMO– Quella piazza romana con vista sul sovranismo – la piazza della protesta contro il governo ‘truce e tassatore’, regno temporaneo di Salvini, della Meloni con il pezzo autoriale sul bancomat, di Musumeci e ‘la Sicilia campo profughi’ –, oltre a tutto il resto, ha assunto anche le scomode sembianze di una crepa tra compagni di strada, costretti a ricorrere al vocabolario delle sfumature e dei distinguo per non allargarla.
Il riassuntino è noto: Silvio Berlusconi, capo supremo del forzismo, va in piazza San Giovanni e imbraccia metaforicamente il vessillo salvinista, il presidente della Regione, Nello Musumeci tuona dal palco, mentre Gianfranco Miccichè, leader dei forzisti siciliani e presidente dell’Ars, non risponde alla convocazione, tracciando una linea moderata. C’è forse un problema di comunicazione, all’interno di Forza Italia? Come si declina una simile spaccatura – ops, una ‘differenza di sensibilità’ – ai piani alti della Regione? E il dogma della famosa unità del centrodestra che fine ha fatto? Le domande sorgono spontanee.
Quelli che replicano qui – tutti vicini a Miccichè – utilizzano, appunto, il linguaggio della sfumatura e del sussurro e giurano di stare contemporaneamente dalla parte di Gianfranco e di Silvio, senza ripudiare Nello. Eppure, oltre le parole, si intravvede la necessità di un chiarimento. Oggi, intanto, si riunisce l’ufficio politico di Fi, convocato per le amministrative. Vogliamo scommettere che si discuterà ancora un po’ di quella piazza con vista sul sovranismo?
Dice Giuseppe Milazzo, europarlamentare che si incarica di indossare i panni dell’esegeta: “Ti traduco io quello che vedo nell’azione di Miccichè, meglio di me pochi lo conoscono. Lui non ha mai detto che dobbiamo uscire del centrodestra, ma non possiamo avere un partito tutto sbilanciato sui temi di Salvini e della Lega. E poi dobbiamo dare maggiore spazio al Sud. Forza Italia, per contare di più, deve avere un proprio tono, i propri contenuti. Se diciamo le stesse cose di Matteo Salvini, se lo seguiamo sempre, perché gli elettori dovrebbero votare per noi e non per l’originale? L’unità del centrodestra non è in discussione, la fedeltà a Berlusconi nemmeno. L’obiettivo è governare il Paese insieme e siamo coerenti. Musumeci? Lui è di ‘Diventerà Bellissima’ e rappresenta una coalizione. E’ giusto che vada da tutti”.
Qualche sfumatura diversa si avverte, a orecchio, nelle risposte dell’onorevole Stefania Prestigiacomo: “Abbiamo l’ufficio politico e poi tireremo le conclusioni. Ho già detto tutto: fisicamente non ero presente alla manifestazione perché impegnata con i giovani imprenditori, ma ho aderito politicamente alla scelta di Berlusconi di andare in quella piazza al fianco del ceto medio. Il nostro leader ha fatto benissimo. Se non ci siamo, lasciamo totalmente a Salvini il nostro campo di gioco. Quella piazza, osservata senza pregiudizi, era la nostra piazza. Silvio Berlusconi è come sempre davanti a tutti. Ma penso che le posizioni non siano così lontane e che non ci sia nessun problema. L’unità del centrodestra è l’elemento più importante”.
Altre sfumature per il capogruppo forzista all’Ars, Tommaso Calderone: “Sono totalmente in aderenza con la linea del presidente Miccichè. Parlo a titolo personale. Ovviamente, Silvio Berlusconi rimane il massimo punto di riferimento. Ci possono essere sensibilità diverse e questo mi pare una ricchezza. Vengo da una scuola per cui le sensibilità diverse aiutano a crescere. Sul presidente Musumeci non entro nel merito perché non fa parte di Forza Italia, lo dico col massimo rispetto. Io credo che l’anima moderata sia utile per tutto il centrodestra, anche per la Lega e per Fratelli d’Italia”.
Il senatore Renato Schifani ha una lunga esperienza, dunque non si allarma: “L’importante è che si mantenga una logica costruttiva. Rimango ancorato ai miei valori, sono legato al presidente Berlusconi e auspico che dentro il partito si ravvivino iniziative che tengano presenti la nostra identità e le nostre battaglie, per evitare che vengano soffocate dalla virulenza della Lega. Quella era una piazza nuova: eravamo lì come invitati. Noi intendiamo tutelare l’unità del centrodestra e siamo perfino disposti a dimenticare qualcosa del passato. Renzi e i suoi discorsi? Lui sbandiera i nostri pensieri; siamo capacissimi di coltivarli a casa nostra. Matteo Renzi sta sull’altra sponda”.
Già, perché, tra grattacapi, scricchiolii, crepe, sfumature ed equilibrismi, con il babau Salvini alle porte, c’è pure il suadente tentatore toscano che lancia appelli ai “liberali” un giorno sì e l’altro pure, con l’idea di provocare scosse telluriche tra i forzisti delusi. Sul punto la battuta l’azzecca Giuseppe Milazzo: “L’appello di Renzi? Io manco a scuola rispondevo all’appello…”.
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21 Ottobre 2019, 14:00