22 Gennaio 2010, 17:02
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E’ stato uno dei primi imprenditori di Palermo a denunciare a chiare lettere i suoi estorsori, decidendo di stare dalla parte dello Stato e della legalità. Rodolfo Guajana ora rivendica la sua scelta e dichiara di “non avere paura”. Eppure la delusione è viva nella sua voce: ieri la sentenza del processo “Addio pizzo” con più di 140 anni di carcere per gli imputati. Nessun colpevole, però, per le intimidazioni e per l’attentato che distrusse la sua ferramenta nel 2007.
Rodolfo Guajana, secondo i giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo non furono i Lo Piccolo a distruggere la sua fabbrica: qual è il suo pensiero?
“Vorrei dire una cosa prima di tutto: aspetto di leggere la motivazione della sentenza per un giudizio definitivo. Detto questo potremmo parlare di giustizia troppo garantista. C’ è da dire però che i pentiti hanno appreso le cose de relato e senza riscontri i giudici non potevano inchiodare i colpevoli”.
Qual è il sentimento predominante in questo momento?
“Delusione ma soprattutto rabbia. La cosa che più mi dispiace è il proscioglimento dei commercianti che pagavano il pizzo. E’ un messaggio negativo che si lancia. E’ come se si dicesse, “pagate, tanto poi non succede nulla”. Lo stato deve sanzionare in qualche modo chi paga e non denuncia”.
I magistrati dell’antimafia denunciano proprio questo: poca collaborazione ancora troppa paura……
“Per questo il messaggio lanciato è pericoloso. La mafia si può battere solo con una vera sollevazione popolare. Non basta il lavoro delle forze dell’ordine, dei magistrati e degli imprenditori che denunciano. Lo Stato però non deve limitarsi a punire, a reprimere, ma deve anche porgere l’altra guancia. La mafia ha gioco facile tra i disperati, tra chi non ha lavoro. Spesso è una vera necessità collaborare con la mafia. per questo lo stato deve fare di più aiutare chi è in difficoltà, trovare un lavoro per chi esce di prigione”.
Come valuta l’azione di associazioni come Addiopizzo o Libero Futuro?
“Le associazioni sono importanti, ma non bastano. Serve un movimento di popolo. Purtroppo la mafia è dentro di noi, dentro ogni siciliano, in ogni atteggiamento. Questo lo dico sempre quando vado nelle scuole. Bisogna liberare la Sicilia dalla mafia. Altrimenti gli imprenditori avranno sempre paura di venire in Sicilia e investire. Serve l’aiuto di tutti”.
Dice di non avere paura della mafia. Ma si è mai pentito di quello che ha fatto?
“Assolutamente no. Io lo rifarei altre mille volte. Denuncerei all’infinito. Io sono un cristiano, prendo ogni giorno la comunione, e un cristiano non può pagare il pizzo, non può aiutare persone che uccidono, che spacciano droga, che trafficano armi. La mia è una battaglia ideale che continuerò a portare avanti”.
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22 Gennaio 2010, 17:02