11 Aprile 2020, 15:03
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PALERMO– “Ricordo tutti. Ricordo una signora che mi mandava i saluti per le figlie. E le figlie che rispondevano con abbracci e baci. Non ero solo un medico, ma uno di famiglia. E le persone che ho incontrato io non le scorderò mai più”.
Giuseppe, 42 anni, medico palermitano che lavora ad Ancona, agli Ospedali riuniti, è andato sotto la pioggia per sua scelta.
Lui, gastroenterologo, appena sfiorato dalla tempesta, ha chiesto di condividere, per il tempo necessario, le fatiche dei suoi colleghi del reparto Covid. Un volontario che parte per le zone di guerra. Giuseppe si schermisce, nemmeno vorrebbe raccontare la sua storia che il cronista ha appreso per caso e per amicizia. Poi accetta, a patto che sia omesso il cognome, e si convince: le storie profondamente umane danno coraggio e mettono in circolo amore, come diceva una canzone. Abbiamo bisogno di fiducia e di sapere che, anche se siamo lontani, la generosità offre ancora i suoi frutti.
Dunque, Giuseppe racconta: “Ecco, però scrivilo che non sono un eroe. I medici che affrontano il Covid da mesi lo sono. Io sono stato impegnato per due settimane. Eroi sono gli infermieri, gli operatori socio-assistenziali che stanno, minuto per minuto, a contatto con i pazienti. E’ accaduto che sentivo al telefono i miei colleghi e i miei amici sempre più stremati dallo stress, dalla fatica. Mi sono detto: devo dare una mano. E così ho visto le situazioni più estreme della mia carriera. Gente che, da un giorno all’altro, stava bene e si è trovata ad affrontare una prova terribile, senza neanche rendersene conto, all’inizio. Sì, ti ho raccontato della signora. Ma, appunto, ricordo tutti e non scordo nessuno. In quelle circostanze, la famiglia sei tu, il parente sei tu, sei tu che mantieni il contatto con il mondo”.
Ha quarantadue anni, quasi quarantatré, Giuseppe, che ha vinto un concorso e si trova ad Ancona da undici anni, professionista benvoluto e apprezzato per la competenza e per la sensibilità. Ha una bella famiglia innamorata. Eppure, non ha esitato a lanciarsi nel cuore della battaglia.
“La paura è un riflesso normale – dice – ma io sono diventato medico per aiutare il prossimo, non per stare nelle retrovie. Tanti adesso mi mandano video, mi dicono che sono guariti. E mi comunicano sentimenti bellissimi”. Come il primo giorno di sole dopo una lunga stagione di pioggia.
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11 Aprile 2020, 15:03