Una storia bellissima

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20 Gennaio 2013, 09:05

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Questa è una storia bellissima, una storia piena di Dio. E’ stata riportata la scorsa settimana su tutti i giornali e narra di un cane e di un prete. Il cane si chiama Ciccio ed è un meticcio di pastore tedesco che era solito accompagnare la sua padrona Maria nel suo quotidiano incontro con il Signore nella chiesa vicino casa, Santa Maria Assunta di San Donaci in provincia di Lecce. Arrivavano davanti la chiesa e lui, rispettosamente, si accucciava sul sagrato in attesa di riprendere insieme la strada di casa. Circa due mesi fa Maria ha compiuto il suo ultimo viaggio verso la chiesa e quello definitivo verso il Signore. Seguita, come sempre, da Ciccio. Il parroco della chiesa, conoscendo l’amore che legava la defunta al suo amico, non se l’è sentita di lasciarlo fuori e l’ha accolto in chiesa per presenziare alla cerimonia funebre. Da allora, e sono passati oltre due mesi, Ciccio torna in chiesa tutti i giorni. Sempre alla stessa ora e sempre accolto dal prete e dagli altri fedeli. E così, mentre il prete amministra i sacramenti, Ciccio si accuccia triste ai piedi dell’altare aspettando una carezza, quella della sua padrona, che ormai gli giunge solo dal Cielo.

Quando ho letto la storia di Ciccio, di Maria e del prete non ho potuto fare a meno di ripensare al film Hachiko con Richard Gere che ambienta in America un fatto realmente accaduto in Giappone: quello di un Akita capace di attendere invano per dieci anni il ritorno del suo padrone davanti alla stazione dove lui prendeva il treno tutte le mattine per recarsi al lavoro. Rivedo lo sguardo del mio Tex disteso sul lettino del veterinario prima dell’eutanasia cui lo sottoponemmo per porre fine alle sue sofferenze e ringrazio Dio per aver creato questi esseri meravigliosi forse per insegnare a noi uomini, creati “a Sua immagine e somiglianza”, cosa siano l’amicizia e la fedeltà. Ci dicono che noi uomini siamo all’apice della scala biologica delle creature. Eppure oggi mi sento inferiore a Ciccio, io che cambio strada tutte le volte che dovrei passare vicino allo studio del veterinario di Tex. E mentre Ciccio torna tutti i giorni nel luogo del distacco, io non ho neppure il coraggio di passarci accanto.

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Il secondo pensiero è per il prete, esempio di come la Chiesa sappia interpretare i sentimenti delle persone. Ma non intendo la Chiesa degli anelli e dei palazzi, intendo quella dei parroci di periferia che vivono accanto alla povera gente, ai malati, agli anziani e ai loro cani. La Chiesa del mio amico Michele che ho chiamato mille volte accanto a un mio paziente e che pare sia finito sotto la scure dei tagli agli ospedali. Come fosse un posto letto qualsiasi. Quanta distanza da quell’altra Chiesa, quella paludata e ampollosa con i suoi dogmi e le sue certezze. Quella del Capo Supremo in Terra che forse dimentica che quando Cristo disse: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia”, non aggiunse la postilla “Purché siano eterosessuali”.

Quella Chiesa che, specie in Italia, interpreta a modo proprio la frase del Vangelo “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E non mi riferisco solo all’IMU. Quella Chiesa che perdona un assassino e non un suicida. Quella Chiesa che proclama l’indissolubilità del matrimonio mentre fa girare la Sacra Rota. La mia Chiesa è quella del parroco di San Donaci, capace di capire che c’è più Dio nell’amore di un cane per un uomo che in cento sbuffi d’incensiera o in cento candele su un altare. Capace di accogliere un cane in quella stessa Casa di Dio dove non c’è posto per un divorziato. La mia Chiesa è quella di Michele che s’alza di notte per ungere un paziente quando il tempo delle medicine volge ormai al termine. E se un giorno il Signore vorrà riservarmi un posto in Paradiso vorrei che accogliesse la mia ultima e umilissima preghiera: che mi trovasse un posticino accanto a quelli come loro, servitori terreni del Dio degli ultimi. E naturalmente accanto al mio cane.

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20 Gennaio 2013, 09:05

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