10 Giugno 2021, 07:16
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PALERMO – Indebitati fino al collo, travolti dalla crisi causata dal Covid e costretti a rivolgersi agli strozzini. È la triste sorte toccata a una ventina di imprenditori, ma anche ad un volto noto dello spettacolo, e ricostruita dai finanzieri del Comando provinciale che hanno eseguito cinque misure cautelari.
Su richiesta della Procura della Repubblica finisce in carcere Salvatore Cillari, 63 anni, ai domiciliari Gabriele Cillari, 34 anni, Matteo Reina, 61 anni, e Giovanni Canntanella di 49. Sarebbero stati loro ad approfittare della condizione di disagio delle vittime. Sono indagati, a vario titolo, per associazione a delinquere, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, estorsione e autoriciclaggio.
Il giudice per le indagini preliminari ha applicato il divieto di di dimora a Palermo per Achille Cuccia, 61 anni.
I soldi accumulati illecitamente sarebbero servizi anche per aprire il locale “L’Acerba”, una osteria in piazzetta Saponeria al Capo. Contestualmente è stato disposto il sequestro preventivo di beni nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo stimato in circa 500 mila euro.
Le investigazioni, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria e coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Federica Paiola, coprono il periodo novembre 2019-dicembre 2020. Gli indagati sono stati intercettati, pedinati, e filmati.
L’organizzazione sarebbe guidata da Salvatore Cillari che, almeno a partire dal 2016, avrebbe erogato prestiti di denaro con l’applicazione di tassi di interesse ad una vasta platea di soggetti, sia a Palermo che a Roma, per un ammontare complessivo pari a circa 150.000 euro. Ed è a Roma che il Ros nei mesi scorsi aveva arrestato Cillari. Gli erano stati concessi i domiciliari, ma ora finisce in carcere.
Cognome noto quello dei Cillari nel mandamento mafioso di Porta Nuova. Salvatore è fratello di Gioacchino, boss ergastolano, e di Antonio, uomo d’onore che ha scontato una condanna per mafia. Salvatore Cillari è considerato socio occulto e finanziatore della “Sicilia e Duci”, società che aveva due bar a Trastevere e al testaccio e che faceva capo a Francesco Paolo Maniscalco.
Di Maniscalco si iniziò a parlare nel 1991 quando un commando svuotò il caveau del Monte di Pietà, a Palermo. Bottino: oro e gioielli per 18 miliardi di lire, di cui non si è saputo più nulla. Del commando faceva parte Maniscalco. Nella sua fedina penale c’è anche una condanna per mafia con il suo nome accostato a quello di Totò Riina.
“L’operazione odierna dimostra il costante interesse delle organizzazioni criminali ad inquinare il tessuto economico legale mediante l’utilizzo di capitali illeciti – spiega il generale Antonio Quintavalle Cecere, comandante provinciale della guardia di finanza -. La strutturata attività di usura degli indagati si è intensificata durante il periodo del primo lockdown causato dall’emergenza pandemica, sfruttando senza scrupoli il periodo di crisi economica a danno di piccoli commercianti in difficoltà. Purtroppo dispiace registrare che le vittime non sono state collaborative con gli investigatori nonostante le pressanti intimidazioni e minacce subite dagli usurai. Ridadisco ancora una volta che l’unico modo per uscire dalla morsa dell’usura, così come dell’estorsione, è denunciare questi criminali”.
“I rischi di usura sono sensibilmente aumentati a seguito della crisi economica connessa all’emergenza sanitaria ancora in atto e per questo l’impegno investigativo è costante per contrastare ogni tentativo della criminalità di strumentalizzare le difficoltà di famiglie e imprese per ottenere ulteriori profitti illeciti -aggiunge Gianluca Angelini, comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria-. L’usura rappresenta una forma di investimento sicuro per la criminalità, in grado di generare in poco tempo guadagni elevatissimi che spesso vengono utilizzati anche per finanziare attività commerciali, inquinando il tessuto economico sano con capitali illeciti che alterano le regole del mercato e della sana concorrenza, a danno degli operatori economici onesti, la cui tutela rappresenta una priorità dell’azione della Guardia di Finanza.
L’usura continua ad essere purtroppo un reato che difficilmente si denuncia – conclude – ma l’omertà e la distorta percezione del rapporto tra vittima e usuraio rappresentano i migliori alleati dei criminali: affidarsi con fiducia alle Istituzioni rappresenta invece l’unica strada per sottrarsi al giogo degli usurai che contrariamente a come possano presentarsi, in breve tempo, si manifestano sempre come aguzzini senza scrupoli”.
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10 Giugno 2021, 07:16
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