17 Marzo 2023, 04:59
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CATANIA. L’efferato omicidio di Valentina Giunta approda già in appello. Tutto in tempi record, a meno di due mesi dal verdetto di primo grado, con il processo che il 23 gennaio scorso ha visto il Tribunale minorile di Catania condannare a 16 anni il figlio minorenne, che ha confessato di averla accoltellata a morte nella sua abitazione, lo scorso luglio a due passi dal Castello Ursino.
La Corte d’appello di Catania deciderà il 26 maggio sul ricorso presentato dal difensore del ragazzo, l’avvocato Francesco Giammona, che in primo grado aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolta, le generiche potrebbero far ridurre la pena.
All’epoca il ragazzo aveva 14 anni. Il suo legale, nell’arringa durante il processo di primo grado, aveva puntato, tra i vari punti, sulle tensioni del periodo antecedente al delitto e sugli effetti che queste potrebbero aver avuto sul minore, che dal canto suo aveva sostenuto che era stata sua mamma a prendere in mano un coltello dicendogli “Se non torni con me…”; pur senza formulare alcuna minaccia specifica. Nella sua confessione shock, aveva aggiunto: “Io le toglievo ii coltello dalle mani e la colpivo. Io potevo andare via anche perché lei era mi girava le spalle e cercava di allontanarsi, invece io continuavo a colpirla alla schiena”. Una confessione in piena regola, pur arricchita di elementi che non hanno convinto il Gup Rosalia Castrogiovanni.
In sentenza, la giudice ha scritto di ritenere questa tesi “non certa e anche poco verosimile”, considerando che per disarmare la madre, il ragazzo “avrebbe dovuto riportare qualche ferita nelle mani, atteso che avrebbe dovuto, per impossessarsi dell’arma, prenderla dal lato della lama, essendo l’impugnatura nella mano della madre, lesioni che il ragazzo non riporta”. Al giudizio, si ricorda, è presente in veste di parte lesa la famiglia della donna, assistita dall’avvocato Salvatore Cannata. Si torna in aula dunque fra due mesi esatti, per un verdetto d’appello che potrebbe arrivare già a meno di un anno dall’omicidio.
A margine della sentenza, che aveva accolto la richiesta del Pm Silvia Vassallo, il difensore dell’imputato aveva dichiarato: “Aspettiamo le motivazioni della sentenza e poi vedremo, anche per comprendere per quale motivo non siano state concesse le attenuanti generiche, tenendo così alta la pena. Quello che mi sento di dire è che non è vero che il ragazzo parla del fatto in modo freddo e distaccato, come è stato sostenuto”. Ora il difensore ha impugnato la sentenza in appello. Secondo quanto emerso già all’epoca dell’arresto, i rapporti tra la giovane madre e figlio erano tesi da tempo e il delitto sarebbe maturato al culmine di una lite. Il ragazzo sarebbe stato legatissimo al padre, che era in carcere – e sotto inchiesta perché ritenuto coinvolto in una organizzazione specializzata in furti d’auto – e temeva che la madre lo volesse allontanare da lui e dal nonno paterno, anche lui rimasto coinvolto nell’inchiesta della Procura di Catania.
I contrasti sarebbero stati frequenti. Secondo quanto è emerso dopo il delitto, la donna, per il medico legale, sarebbe stata colpita “con un’arma da punta e taglio al collo, al fianco e alla spalla sinistra che le cagionava la lesione di grossi vasi sanguigni con shock emorragico, che ne determinava la morte”. Il corpo di Valentina Giunta è stato trovato dalla polizia nella casa a San Cristoforo. I poliziotti della sezione volanti erano intervenuti su segnalazione della sorella della vittima, che temeva fosse in pericolo. Sul posto in breve anche il 118, ma per la donna, purtroppo, non c’è stato nulla da fare.
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17 Marzo 2023, 04:59