Valentina, morta dopo l’aborto | La cartella: medico non obiettore

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19 Ottobre 2016, 22:30

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CATANIA – La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta sulla morte di una 32enne deceduta il 2 ottobre scorso, dopo 17  giorni di ricovero, nell’ospedale Cannizzaro, dopo avere avuto gli aborti spontanei di due feti alla 19ma settimana di una gravidanza procurata con la procreazione assistita in un’altra struttura. Il fascicolo è stato attivato, come atto dovuto, dopo la denuncia dei familiari della 32enne. Il procuratore Carmelo Zuccaro ha disposto il trasferimento della salma in obitorio, bloccando i funerali che erano stati organizzati nel paese del Catanese di cui la donna era originaria, e il sequestro della cartella clinica. La magistratura disporrà l’autopsia dopo avere identificato il personale in servizio che sarà indagato, come atto dovuto, per omicidio colposo per potere eseguire l’esame autoptico.

Si sarebbe rifiutato di estrarre il feto che aveva gravi difficoltà respiratorie fino a quando fosse rimasto vivo perché obiettore di coscienza. E’ la dichiarazione di uno dei medici che ha assistito la 32enne morta nell’ospedale Cannizzaro di Catania, assieme ai due gemelli che aspettava, secondo quanto ricostruito dai familiari della donna e contenuto nella denuncia presentata alla Procura dal loro legale, l’avvocato Salvatore Catania Milluzzo. “La signora al quinto mese di gravidanza – sostiene il penalista – era stata ricoverata il 29 settembre per una dilatazione dell’utero anticipata. Per 15 giorni va tutto bene. Dal 15 ottobre mattina la situazione precipita. Ha la febbre alta che è curata con antipiretico. Ha dei collassi e dolori lancinanti. Lei ha la temperatura corporea a 34 gradi e la pressione arteriosa bassa. Dai controlli – aggiunge – emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno, mi dicono i familiari presenti, si sarebbe rifiutato perché obiettore: ‘fino a che è vivo io non intervengo’, avrebbe detto loro”. La vittima si chiamava Valentina Milluzzo. (ANSA)

Il primario di Ginecologia dell’ospedale Cannizzaro Paolo Scollo smentisce tutto: “Non esiste l’obiezione di coscienza in un aborto spontaneo – dice -, la signora prima ha abortito e poi è stata male. E nessuno dei miei medici ha mai pronunciato quelle parole. E’ tutto falso”.

Aggiornamento 10.35

Dai primi esami sulla cartella clinica non risulta che il medico dell’ospedale Cannizzaro si sia dichiarato obiettore di coscienza. Il dato, ritenuto di una certa importanza dalla Procura di Catania, emerge dall’inchiesta sulla morte di una 32enne deceduta il 16 ottobre scorso, dopo 17 giorni di ricovero, per delle complicazioni alla 19/ma settimana di gravidanza indotta con la procreazione assistita in un’altra struttura. La donna, incinta di due gemelli, nati morti, era alla prima gravidanza.

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10.48.

“Non c’è stata alcuna obiezione di coscienza da parte del medico che è intervenuto nel caso in questione, perché non c’era un’interruzione volontaria di gravidanza, ma obbligatoria chiaramente dettata dalla gravità della situazione”. Lo afferma il direttore generale dell’ospedale Cannizzaro, Angelo Pellicanò, sulla morte di una 32enne deceduta il 16 ottobre scorso, dopo 17 giorni di ricovero, per delle complicazioni alla 19/ma settimana di gravidanza indotta con la procreazione assistita in un’altra struttura. “Io escludo – aggiunge Pellicanò – che un medico possa aver detto quello che sostengono i familiari della povera ragazza morta, che non voleva operare perché obiettore di coscienza. Se così fosse, ma io lo escludo, sarebbe gravissimo, ripeto perché il caso era grave. Purtroppo – conclude il direttore generale dell’ospedale Cannizzaro – nel caso di Valentina è intervenuta uno choc settico e in 12 ore la situazione è precipitata”.

Per i magistrati, quindi, la ricostruzione dei familiari della vittima “al momento non trova alcun riscontro” in un atto ufficiale e documentale, qual è la cartella clinica. In ogni caso, sarebbe stato poi necessario stabilire un rapporto di causa ed effetto tra la morte dei due feti e quella della puerpera con la presunta, e non accertata, dichiarazione di obiettore di coscienza del medico intervenuto. Nella denuncia, depositata in procura dal legale della famiglia, l’avvocato Salvatore Catania Milluzzo, si riporta, tra l’altro che quando la donna il 15 ottobre scorso entra in crisi “dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno si sarebbe rifiutato perché obiettore: ‘fino a che è vivo io non intervengo’, avrebbe detto loro”. La stessa cosa avrebbe ripetuto, secondo l’esposto, sul secondo feto: “lo avrebbe fatto espellere soltanto dopo che il cuore avesse cessato di battere perché lui era un obiettore di coscienza”.

(ANSA)

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19 Ottobre 2016, 22:30

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