Valery, storia della trans| che denunciò i suoi “aguzzini”

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17 Maggio 2014, 06:00

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CATANIA – Lo smalto rosa alle unghie non è perfetto. Le sue mani rovistano nella borsetta perché il telefono squilla in continuazione. Lei però rifiuta ogni chiamata senza mai interrompere l’intervista. Valery viene alla provincia di Palermo. Il suo nome è comparso molte volte sui giornali: ha denunciato la trans che l’avrebbe portata in via Lincoln a prostituirsi. Sono trascorsi 4 anni da quella drammatica storia: oggi è a Catania, ma solo per un mese. La sua vita è al nord. “Mi prostituisco”. Risponde senza un minimo di paura, guardando dritto negli occhi. I suoi sono azzurri. “Ho preso in affitto un appartamento per ricevere i clienti. Qualche mese fa – racconta – ho messo un annuncio sbagliando la città, ho ricevuto decine di richieste, quindi ho deciso di venire qui per lavorare”.

Un percorso da Palermo, a Cuneo fino a Catania che parla di una vita di violenza, cocaina, sedativi e denunce. Sullo sfondo la strada. Il sesso a pagamento, ma anche abbandono e solitudine. Molta solitudine.

Valery, ucraina, ha 23 anni. E’ stata adottata da una famiglia siciliana. “I miei genitori – racconta – non mi hanno mai accettata e quando sono stata licenziata anche dalla pasticceria dove lavoravo, perché si iniziavano a vedere i miei cambiamenti, mi sono ritrovata sola, sola. Non avevo parenti su cui contare e quindi – aggiunge – non conoscendo il mondo trans mi sono avvicinata ad alcune trans per chiedere che cure dovevo fare”. A quel punto Valery entra in contatto con la trans che poi denuncerà. “Era un periodo brutto, mi sono fidata e lì è iniziato tutto. Ho iniziato a prostituirmi: lavoravo per loro, perché i soldi che guadagnavo li davo tutti a loro”.

Tutto all’inizio sembrava normale: quella era la “sua famiglia”, quella che l’aveva accolta dopo il rifiuto dei parenti. Valery crescendo però capisce che quello che vive è “lontano dalla normalità”. Si ribella, almeno per poter tenere qualche soldo. E allora iniziano gli schiaffi, le percosse, i raid punitivi, le rapine organizzate. “Ad un certo punto le minacce sono diventate terribili – racconta – ed allora ho avuto paura e l’ho denunciata”. Accarezza il suo cane, mentre ripercorre quei momenti.

E’ tornata a bussare a casa dai suoi genitori. Ma è stata nuovamente rifiutata. Si fida di un’altra trans che la porta a Cuneo. “Avevo chiesto – racconta – che se andavo al nord volevo un lavoro normale”. Invece quello che trova è una nuova prigione. Lucchetti alla porta e sedata. “Mi hanno picchiata e massacrata”. Un anno. Poi un giorno riesce a uscire da quella “casetta piccola – racconta – dove tiravo cocaina e mi prostituivo”. Un’altra denuncia. C’è la ricerca di una vita normale: di un lavoro normale. “Da quattro anni – racconta – lavoro part time in un albergo e faccio le pulizie. Ma non guadagno abbastanza e allora faccio questo lavoro, ma vorrei smettere. Mi sono rivolta anche ai servizi sociali, al sindaco per poter ottenere un posto di lavoro”.

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A Catania ha trovato anche un legame. Un uomo, non un cliente. “Sono tornata per lui, anche perchè qui a Catania c’è crisi, non guadagni tanto. Qui pagano 30 – 40 euro, a fronte dei 70 -80 del nord Italia. La mia tariffa è di 50 euro, riesco a fare anche 600 euro al giorno”. Il tratto distintivo è il suo tatuaggio: basta che gira per strada e in poche ore con una ricerca sul web trovano il suo annuncio e la chiamano . “Ho smesso di andare anche al mercato di Catania – racconta – perché molte volte mi trovavo come clienti uomini che avevo incrociato tra le bancarelle. Ed è imbarazzante”.

Valery è contro la prostituzione in strada. A chi è vittima di tratta o di sfruttamento consiglia di denunciare: “Io l’ho fatto, mi sono messa contro persone pericolose. Io, sola e piccola, mi sono ribellata. Mi sono rivolta alla polizia e ai carabinieri e loro mi hanno aiutata”. Assolutamente contraria alla legalizzazione delle case chiuse, invece. “Penso a mia figlia, se un giorno ne avrò una. Potrebbe scegliere di fare questo lavoro, legalizzarlo vuol dire che lo Stato dice che è giusto”. Affermazioni contradditorie su alcuni punti. Valery ha soli 23 anni, anche se la sue esperienze fanno a schiaffi con la sua giovane età.

Vive una lotta interiore la giovane trans. Con il desiderio di smettere, ma con l’incapacità di trovare un’alternativa. E punta il dito alla famiglia. “Se loro mi avessero accolta – spiega – invece di rifiutarmi io non farei questo lavoro”. Valery, un giorno, spera di potersi operare. Anche se una volta che sarà completamente donna “non potrò – racconta – lavorare più. Perché l’uomo cerca la trans per il desiderio di trasgredire, perché trova questa sorta di metà donna e metà uomo”. La chiave, dunque, è la trasgressione.

“Femmine, quando siete in camera da letto siate aperte, seducenti e trasgressive”. Questo l’appello di Valery alle donne, alle mogli e alle partner. “Perché se gli uomini avessero la trasgressione a casa non ci sarebbe motivo di cercarla altrove, e se non ci fossero uomini che cercano, non ci sarebbe prostituzione”. Insomma, un circolo vizioso. Quasi una formula che si avvicina al principio economico della domanda e dell’offerta. Su questo si fonda la conclusione di Valery, che però ha il sapore di un alibi. “Se non ci fossero uomini che chiedono, io non farei la prostituta”.

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17 Maggio 2014, 06:00

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