26 Ottobre 2018, 23:01
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PALERMO – “Cosa provo? Una grande tristezza. Dovrei gioire per l’assoluzione e invece provo un grande dolore per mio marito che non è accanto a me”. Il via libera alla scarcerazione arriva di sera. Si è perso un po’ di tempo per togliere ad Adele Velardo il braccialetto elettronico che ha portato durante i due anni e mezzo di arresti domiciliari. Sono passate sette ore dall’assoluzione quando la donna accetta di parlare con Livesicilia.
È finito un incubo?
“Esattamente”.
Come si vive prima da accusata e poi da imputata per omicidio?
“Ho vissuto questo periodo da innocente, ma pur soffrendo non ho mai smesso di credere che saremmo arrivati all’assoluzione. L’unica cosa che mi addolora è che manca la persona che doveva essere assolta con me. Carlo Gregoli era ed è innocente come me. Hanno capito la nostra innocenza”.
E se nelle motivazioni i giudici dovessero dire che è stato solo lui ad uccidere Bontà e Vela?
“Non può essere perché non è vero. Non siamo stati noi. Non è stato lui, insisto, è stato dimostrato con le perizie che non è stato mio marito”.
Un video vi ritrae mentre seguite a ruota la macchina delle vittime. C’è il racconto di un testimone. Avrà visto qualcosa in via Falsomiele?
“Non so nulla e non ho visto nulla”.
Ci sono delle intercettazioni in carcere con suo marito in cui sembra che tiriate in ballo altre persone. Come se toccasse a loro trovarsi al vostro posto. Di cosa parlavate?
“Non dovevamo essere noi a trovarci in carcere, né io oggi a ricevere l’assoluzione, ma chi ha commesso l’omicidio”.
In un passaggio di una sua dichiarazione spontanea era sembrato che avesse paura di raccontare qualcosa che aveva visto. È così?
“Non so nulla e non ho visto nulla. C’ è una sola certezza assoluta, al mille mille non siamo stati noi”.
E perché non lo ha urlato? Perché dopo il primo interrogatorio in cui ha negato le accuse ha scelto il silenzio?
“Non è vero che sono rimasta in silenzio. Ho parlato con i poliziotti e con il pm. Poi, i miei avvocati (Paolo Grillo e Marco Clementi, ndr) mi hanno detto era giusto affrontare il processo. Hanno fatto un grande lavoro. Hanno creduto in noi. Guardando me e mio marito negli occhi hanno capito che non potevamo che essere innocenti. Ci sono le perizie che dicono che non siamo stati noi”.
Posso farle delle domande su suo marito?
“Prego”.
Secondo lei, perché si è ucciso?
“Mio marito è stato sempre un uomo caratterialmente irreprensibile. Una persona perbene, con dignità da vendere, un padre esemplare, un marito meraviglioso, stimato al lavoro. Ha avuto la sfortuna di essere uscito di casa quel giorno. Era stato male, aveva avuto la depressione, ma era guarito. Gli è piovuta addosso la grande disgrazia di essere accusato di una cosa incredibile, inverosimile, assurda e si è ammalato di nuovo. Mai persone come noi potevano immaginare di trovarsi in carcere. Il medico ha visto che stava malissimo. Si capiva che sarebbe successo”.
Conosceva le vittime?
“No”.
Vuole dire qualcosa ai parenti?
Nulla, solo che mi dispiace che sono morte due persone”.
Ha paura per il fatto che i killer siano in giro?
“Non ho nulla di cui avere paura. Cerchino altrove chi è stato. Non siamo stati noi”.
E possibile tornare alla normalità dopo tutto quello che è successo?
“Io so solo che in questo momento sto per un verso gioendo per l’assoluzione e la verità venuta a galla. Per un altro verso sono profondamente triste. Non penso a domani. Domani è un altro giorno”.
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26 Ottobre 2018, 23:01