25 Ottobre 2012, 10:47
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PALERMO – Un viaggio attraverso i cinque anni di governo a palazzo d’Orleans in cui il passato, depurato dalle sfumature propagandistiche, diventa un osservatorio privilegiato per capire il punto di vista del narratore riguardo alle vicende di questi giorni. L’intervista-fiume del governatore uscente Raffale Lombardo, pubblicata sul suo blog, non è soltanto un’abile mossa elettorale a pochi giorni dal voto, ma un modo, per il diretto interessato, di togliersi diversi sassolini dalla scarpa. Lombardo sveste i panni del politico schivo e poco amante della comunicazione, per svelare retroscena e scenari futuri, rispondendo anche ai nemici (vecchi e nuovi).
Nel catalogo di quest’ultimi spiccano i nomi di Ivan Lo Bello e dell’ex assessore alle Attività produttive, Marco Venturi (“ciò che ha fatto è indegno”), senza dimenticare Pdl e Pid con le loro accuse di trasformismo: “In realtà quella maggioranza si ribaltò da sola perché gli sfuggì di mano la grande porcheria dei termovalorizzatori”, spiega il governatore uscente. Il nuovo compagno di viaggio si chiama Gianfranco Miccichè: “Con lui spesso non sono andato d’accordo, ma è un generoso e poi ha rotto con il suo passato”.
“Con Lo Bello visioni diverse”
Il bersaglio preferito è l’ex numero uno di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello. Non è un caso che le 51 pagine lungo cui si sviluppa l’intervista abbiano come titolo “Vi racconto ‘il peggior governo della Sicilia’”. Quella definizione di Lo Bello non è andata giù a Lombardo, che adesso risponde per le rime: “Ha ragione. Per lui sarebbe stato il miglior governo quello che avrebbe autorizzato 1000 impianti per l’energia eolica, quello che avrebbe permesso la costruzione di 4 termovalorizzatori. Di questi governi in passato ce ne sono stati e confrontandoli col mio gli sono apparsi migliori. Lo capisco. Abbiamo punti di vista diversi”.
“Venturi, quello che ha fatto è indegno”
Da un “confindustriale” all’altro, Marco Venturi, che ha lasciato la giunta Lombardo denunciando presunte irregolarità, parlando addirittura di scelte adottate con l’intento di favorire la mafia. Il giudizio del governatore uscente è secco: “Quello che ha fatto Venturi è indegno – dice -. E’ stato per oltre tre anni in giunta occupandosi di sviluppo economico e non ha mai eccepito nulla. Ha fatto tutto quello che ha voluto, anche con qualche eccesso, e oggi lamenta che ci sono state irregolarità nello svolgimento delle sedute di giunta. La mafia? Quella di Venturi la definirei un’antimafia non proprio disinteressata. I suoi ragionamenti e le sue rivelazioni sono campati in aria. Il mio governo l’antimafia l’ha fatta giorno per giorno e non a chiacchiere”. Poi ritorna lo spettro di Lo Bello e così Lombardo evidenzia alcune scelte “che hanno ostacolato progetti che stavano a cuore all’assessore e a i suoi colleghi di Confindustria”, come l’Irsap (Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive): “La verità è che l’Irsap non si è piegata alla volontà di Lo Bello per la costituzione del nuovo Cda della Sac”.
I termovalorizzatori
Nel racconto di Lombardo c’è un intero capitolo dedicato ai rifiuti, e in particolare l’intreccio costruitosi attorno alla vicenda dei quattro termovalorizzatori bloccati dal governo regionale e alla dissoluzione della coalizione che lo aveva portato a palazzo d’Orleans: “Io non ho fatto nessun ribaltone – ricorda -. Fu semmai l’ex maggioranza a ribaltarsi perché gli sfuggiva di mano la grande porcheria dei termovalorizzatori, quel maleodorante intreccio tra mala politica, mafia e malaffare”. A questo punto Lombardo rivela un retroscena legato alle istanze di risarcimento presentate dalle imprese che avrebbero dovuto realizzare gli impianti. Nei conti presentati per il risarcimento dell’impianto di Paternò “il terreno veniva valutato 60 milioni di euro”, ma l’atto d’acquisto di qualche anno prima riportava cifre decisamente diverse: “Quel pezzo di terra era costato all’acquirente 60 milioni di lire. La lievitazione del costo – fa notare Lombardo – era di 2000 volte”.
“Io come Milazzo”
Lombardo rispolvera anche l’accostamento del suo governo a quello guidato da Silvio Milazzo a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. L’analogia prende spunto anche dalla mozione di sfiducia presentata allora nei confronti di un governo che non rispondeva “alle indicazioni scaturite dalla volontà popolare – ricorda Lombardo citando il documento contro Milazzo – manifestata con le elezioni”. Parole che secondo il presidente della Regione uscente sono contenute “più o meno” anche nelle dichiarazioni di Pdl e e Pid. Nel mirino di Lombardo finisce anche qual Partito democratico che sostiene Rosario Crocetta alle Regionali, pur avendo fatto parte della nuova maggioranza nata all’indomani dello sfascio della coalizione di centrodestra: “Il Pd rinnega quell’alleanza? Rischia di compromettere per sempre una delle poche esperienze di radicale riformismo che nei 60 anni di autonomia si è tentata”. Dunque nessun ribaltone: “Io sono andato avanti lungo la strada del mio programma e delle riforme, come quella della Sanità. L’ex maggioranza si è ribaltata ostacolando e denigrando quella riforma”.
Il nuovo partito e Miccichè
L’Mpa è andato in soffitta, ma il Partito dei siciliani sembra comunque destinato a un’altra metamorfosi: “Vuole essere qualcosa di più grande e io mi auguro che questo progetto riesca – afferma Lombardo -. Penso che si dovranno unificare i tre partiti che appoggiano Miccichè e cioè il Nuovo Polo (con Mps e Fli) e Grande Sud e che questo partito debba aprirsi alla partecipazione di giovani e di militanti che ci credono. Servirà un duro e lungo lavoro prima di arrivare alla maggioranza assoluta dei consensi dei siciliani”. Il nuovo partito dovrà puntare tutto “sull’autodeterminazione” della Sicilia: “Non uso termini come separazione o indipendenza, che potrebbero essere fraintesi, ma l’autodeterminazione è necessaria. Perché non dovremmo celebrare anche noi un referendum per l’autodeterminazione, come in Scozia e Catalogna?”. Infine Gianfranco Miccichè, che Lombardo ha scelto come candidato alla Presidenza della Regione: “Ha rotto con il partito nazionale di cui faceva parte, Fi–Pdl. La sua rottura è stata molto più costosa che per chiunque altro, anche per i rapporti personali che aveva con il suo capo. Per questo è stato scelto”. I rapporti con l’ex sottosegretario non sono sempre stati idilliaci: “Spesso non sono andato d’accordo con lui – ammette -. Siamo profondamente diversi in quanto a caratteristiche personali, a gusti, a modo di essere e di pensare e di vivere la vita, ma è generoso e creativo, e non appartiene a un partito nazionale”.
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25 Ottobre 2012, 10:47