"I miei amici Giovanni e Francesca | Vi racconto il loro grande amore" - Live Sicilia

“I miei amici Giovanni e Francesca | Vi racconto il loro grande amore”

Giuseppe Ayala, amico del giudice Falcone e di sua moglie. "Le cene e l'allegria, prima del dolore".

L'estate del '92
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PALERMO – “Se non fosse successo quello che sappiamo, sarebbero invecchiati insieme, felici. Si amavano moltissimo”. Ripensi a Giovanni Falcone e a Francesca Morvillo che avrebbero vissuto, l’uno accanto all’altra, fino all’imbiancarsi dei capelli, perché questo era il destino che stavano costruendo e che sognavano. Il vero amore è una sceneggiatura semplice. Risvegli che diradano i malumori. Sguardi che si cercano, per trovarsi. Lunghi giri in macchina ad ascoltare canzoni. Il riparo dalle inquietudini. Un bagno a mare. Un panino con le panelle. Una cena con le persone che ami.

Di cene con “Giovanni e Francesca” – ha il diritto di chiamarli così – Giuseppe Ayala ne ricorda tante, nel filo sospeso di una corrispondenza che non si è mai interrotta. Lui c’era, in trincea, da magistrato, nei giorni del pool antimafia. Era amico della coppia, un amico sincero e presente. L’amicizia serviva anche per curare la profondità delle ferite. Nessuno è stato risparmiato dal dolore. Né i buoni combattenti, né le madri, i figli, i compagni di viaggio di quegli anni. E chi non ha mai provato cosa significhi avere il cuore che batte in bocca, mentre non sai se tuo padre tornerà a casa, dovrebbe coltivare un affettuoso rispetto per chi, invece, ha imparato l’incertezza dell’essenziale sul metro della propria paura.

“Sarebbero invecchiati insieme, felici. Si amavano moltissimo”. Giuseppe Ayala racconta l’amore di Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, seduto nella sua casa luminosa. Un terribile incidente lo ha provato, ma non piegato, infatti è già un sollievo pregustare il prossimo tuffo nelle acque di Mondello. La chiacchierata è sobria e breve. C’è troppo cuore che sanguina dentro la carne che si fa memoria.

“Giovanni e Francesca sono i protagonisti di una storia d’amore bellissima e pudica – ecco il racconto -. Non si scambiavano mai effusioni in pubblico. Infatti, io, talvolta, protestavo: ‘E datevelo un bacio’. Loro sorridevano, un po’ imbarazzati. Ma ricordo le occhiate, gli sguardi che testimoniavano, oltre l’amore, una sintonia e una comunanza assolute. Giovanni era fatto così. Lo prendevo in giro: ‘Il self control non lo hanno inventato gli inglesi, sei tu’. Sì, trovavamo il tempo di scherzare. Io e Paolo Borsellino, per esempio, eravamo simili in questo. Quando Nino Caponnetto entrava per le riunioni, in ufficio, diceva subito, come un professore che arriva in classe: ‘Per piacere, Ayala da una parte, Borsellino dall’altra’”.

I pezzi si mettono insieme, con naturalezza. “Fu Alfredo Morvillo, il fratello di Francesca, a presentarmi Giovanni Falcone davanti a un caffè. Ebbe inizio un legame che non sarebbe mai venuto meno. Francesca era splendida, riservata e geniale. Un magistrato brillante. Aveva una voce che non dimenticherò mai, femminile, ma non sdolcinata. E’ vero che parlava poco e ascoltava di più. Ma non era un atteggiamento di passività. Piuttosto, preferiva osservare attentamente”.

Eppure, nonostante il riserbo, restano i fossili della tenerezza, come un biglietto che saltò fuori da un altrove polveroso. Era una dedica della dottoressa Morvillo al dottore Falcone: “Giovanni amore mio, sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre  dentro di me così come io spero di rimanere viva nel tuo cuore”.

“Il 3 settembre del 1982 eravamo a cena insieme – prosegue la narrazione –, in un ristorante di Mondello. Un uomo della scorta sussurrò qualcosa a Giovanni che lo seguì e si allontanò, scuro in volto, poi, con una mano, mi fece cenno di avvicinarmi e mi comunicò che avevano ucciso il generale Dalla Chiesa e sua moglie. Lui andò sul luogo del delitto, noi, a casa mia. Non dimenticherò mai nemmeno quello che mi disse Francesca, con la sua voce seria: ‘Giuseppe, fermati, sei in tempo’”. Non era un invito alla diserzione. Era il coraggio vero che non rinuncia alla sua umanità.

C’è una luce calda che illumina il soggiorno. E’ adesso, alla fine, che Giuseppe Ayala lo dice, spalancando una voragine di rimpianti: “Sarebbero invecchiati insieme”.

Sarebbero diventati le foto serene di una storia inimitabile. Quel destino non si è compiuto. Massacrarono Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, con gli uomini della scorta, spezzando per sempre la gioia che c’era e che sarebbe stata. Il dolore li inghiottì. Chissà se avranno avuto l’occasione di guardarsi ancora.


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