Caso via Dilg, la ditta: "Qui le vere vittime siamo noi" - Live Sicilia

Caso via Dilg, la ditta: “Qui le vere vittime siamo noi”

Nella piccola strada del quartiere dello stadio a fine novembre è stato concesso il permesso di costruire una palazzina. Ed è venuta fuori una storia che arriva fino all'età borbonica.

CATANIA – Un’area edificabile, sulla quale è possibile costruire “nel pieno rispetto e in conformità” al vincolo etnoantropologico posto dalla Soprintendenza ai Beni culturali di Catania. È questa, in sintesi, la posizione della Afedil costruzioni a proposito del caso di via Dilg, nel quartiere etneo di Cibali. Su un lotto di terreno a pochi metri dai binari della Ferrovia Circumetnea da vent’anni la Afedil costruzioni tenta di mettere in piedi una palazzina. Scontrandosi, però, con l’esistenza di un tratto di uno dei condotti sotterranei dell’antico acquedotto cittadino proprio sotto al luogo dove l’edificio dovrebbe sorgere.

Una vicenda raccontata da LiveSicilia e sulla quale il presidente del Consiglio comunale Sebastiano Anastasi ha da tempo chiesto l’avvio di un tavolo tecnico: perché Palazzo degli elefanti a novembre 2022 ha concesso il permesso di costruire all’impresa catanese, che per la prima volta lo aveva chiesto nel 2003.

Dopo il titolo edilizio rilasciato dalla direzione Urbanistica del Comune negli scorsi mesi, erano stati alcuni residenti della zona a scrivere agli uffici del municipio per chiedere che venga fatta chiarezza sulla possibile costruzione su un’area ritenuta, per via della conformazione del suo sottosuolo, quantomeno meritevole di particolari attenzioni. Anche in virtù del fatto che si parli del pozzo di via Dilg già in documenti di età borbonica.

Le sentenze del Tar

Ma il versante amministrativo di questa storia è complicato quanto l’intrico di tunnel e canali che permette all’acqua di scioglimento delle nevi dell’Etna di arrivare fino al quartiere dello stadio e, da lì, attraversare la città. Così, al di là delle obiezioni dei cittadini, ci sono le sentenze del Tribunale amministrativo regionale. Che, nel 2020, nell’ultima di tre sentenze, ha annullato un provvedimento di diniego di permesso emesso dalla Soprintendenza ai beni culturali. È sulla base di questo pronunciamento del Tar che il Comune di Catania, a novembre 2022, ha concesso il nuovo permesso di costruire.

Eppure “Comune di Catania sta continuando nell’attività dilatoria sostanzialmente violando il diritto di proprietà della società Afedil”, scrive in una nota l’avvocato Salvatore Cittadino, difensore dell’impresa, che lamenta l’esistenza di una “campagna stampa” contraria alla ditta e fomentata dall’esterno. “L’Afedil sta continuando il suo calvario“, aggiunge il legale. Perché “la Soprintendenza per ben tre anni ha fatto verifiche e si è determinata con un parere positivo senza condizioni“. Al quale però non avrebbero fatto seguito le azioni degli uffici di via Biondi, dove ha sede l’Urbanistica.

Uno “pseudo permesso di costruzione”

“Il Comune ha infatti prima richiesto una relazione idrogeologica ambientale” e poi, a novembre 2022, ha rilasciato quello che Cittadino definisce uno “pseudo permesso di costruire” che, in realtà, sarebbe “un ulteriore effettivo diniego perché appone delle condizioni che comportano l’inutilizzabilità sostanziale dello stesso permesso di costruire”.

E cioè: per Afedil, si legge nel provvedimento dell’Urbanistica, sarà necessario “acquisire i nulla osta del Genio civile e dell’Autorità di bacino prima dell’inizio lavori”, pena la “decadenza del presente atto”.

“Sarebbero necessari nuovi e indefiniti elaborati progettuali – prosegue il legale – e un parere dell’Autorità di bacino assolutamente non necessario e che non è mai stato chiesto dal Comune di Catania per le altre concessioni rilasciate nelle immediate vicinanze o quando le unità immobiliari realizzande sovrastano acquedotti di varia natura“. Ci sarebbe, per dirla con termini che l’avvocato non ha usato, una discriminazione nei confronti della ditta.

Il Comune userebbe “meri espedienti” al fine di “procrastinare indefinitamente la possibilità di costruire della società – conclude Salvatore Cittadino – che non ha potuto utilizzare per oltre venti anni un terreno e le sue potenzialità edificatorie. E continua a non poterlo utilizzare“. In sintesi: “La vittima è quindi Afedil”.


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