09 Maggio 2011, 18:26
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Bilancio e Finanziaria approvati dall’Ars una settimana fa superano lo scoglio dell’impugnativa. La ‘scure’ del commissario dello Stato per la Regione siciliana, prefetto Carmelo Aronica, alla fine, colpisce soltanto il comma 1 dell’articolo 3 della legge di bilancio. Tuttavia, restano in piedi i dubbi circa la copertura finanziaria della sanità. Per quest’anno, infatti, mancano all’appello circa 600 milioni di euro. E, soprattutto non è ancora chiaro come il governo regionale intenda finanziare il 2012 e il 2013.
L’impugnativa, come già ricordato, colpisce il primo comma dell’articolo 3 della legge di bilancio. Il tema è quello delle indennità integrative del personale Eas, sigla che sta per Ente acquedotti siciliani. L’Eas, in liquidazione dal 2008, gestisce ancora oggi il servizio idrico in tre province della Sicilia. Detto in parole semplici, per pagare le indennità al personale di questo ente il governo si richiama a una delibera adottata dalla stessa giunta regionale. Un’impostazione, questa, non condivisa dall’ufficio del commissario dello Stato che, richiamandosi all’articolo 81 della Costituzione, ha impugnato tale norma.
Per poter pubblicare il bilancio sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia, la legge di bilancio dovrà ripassare dal Parlamento dell’Isola che si riunirà domani. L’Aula dovrebbe dire ‘sì’ alla legge senza la parte impugnata. Dopo il passaggio da Sala d’Ercole, come già accennato, si procederà alla promulgazione della legge. In teoria, la vicenda dovrebbe finire sui tavoli della Corte Costituzionale. Il condizionale è d’obbligo perché non sempre la Regione, davanti a un’impugnativa, si rivolge alla Consulta.
Problemi dell’Eas a parte, resta aperto, come già ricordato, il tema del finanziamento delle spese sanitarie della Sicilia. A sottolinearlo è, in un comunicato, il parlamentare di Sicilia Vera, Cateno De Luca. Che si dice “stupito di come gli strumenti finanziari della Regione abbiano avuto il parere positivo da parte del commissario dello Stato”.
“Con il rispetto dovuto al commissario dello Stato – aggiunge De Luca – non mi pare che sia stata una scelta condivisibile. Voglio tra l’altro ricordare che i fondi Fas impegnati a copertura di numerose spese nel bilancio e nella finanziaria superano i 5 miliardi di euro”, mentre “la dotazione degli stessi Fas, per il 2006-2013, è di circa 3 miliardi e 600 milioni. Vi sono poi altri 5 miliardi di euro di debiti delle aziende partecipate (della Regione ndr) che continuano a non essere presi in considerazione”.
Per quest’anno il governo regionale vorrebbe utilizzare 600 milioni di euro circa di risorse Fas (Fondi per le aree sottoutilizzate) per pagare una parte della quota di partecipazione alle spese sanitarie a carico della Sicilia. Per la cronaca, la Regione compartecipa alle spese sanitarie con il 49 per cento circa (3 miliardi e 200 milioni circa, pari al 45 per cento delle entrate tributarie della stessa Regione). La restante quota – poco più del 51 per cento – è a carico dello Stato. Lo stesso Stato, con una legge, ha autorizzato alcune regioni italiane a utilizzare una parte del Fas per fare fronte ai disavanzi di bilancio. La Regione siciliana, come già accennato, vorrebbe utilizzare 600 milioni del Fas per pagare, invece, una parte della propria quota di compartecipazione.
Ma questo è solo uno dei problemi non risolti. Ammesso che da Roma arrivi l’autorizzazione per utilizzare, quest’anno, 600 milioni di risorse Fas, resta da capire come la stessa Regione siciliana fronteggerà le spese per il prossimo anno e per il 2013. Il bilancio, è noto, è triennale: ciò significa che, fin da adesso, dovrebbe essere chiaro dove trovare i 600 milioni di euro per il prossimo anno e i 600 milioni di euro per il 2013. Su questo punto, tutt’altro che secondario, si ‘naviga’ nell’ambiguità.
Si è ipotizzato che questi soldi – un miliardo e 200 milioni di euro – verrebbero presi sempre dal Fas. Soluzione, questa, che creerebbe non pochi problemi. Le risorse Fas, infatti, servono – o dovrebbero servire – per realizzare infrastrutture. Così, in queste ore, è tornata in auge una seconda tesi già ventilata durante la discussione sulla manovra in Aula: il miliardo e 200 milioni di euro arriverebbe dalla riduzione della quota di compartecipazione della Regione siciliana, che dal 49 per cento circa dovrebbe scendere al 42-43 per certo. Questa è, almeno, la speranza del governo regionale. Una tesi che il governo nazionale, però, non sembra condividere.
Il risultato è un possibile contenzioso finanziario tra Stato e Regione. Del resto, in oltre sessant’anni di Autonomia, i contenziosi tra la Sicilia e Roma, finanziari e no, sono stati sempre all’ordine del giorno. Uno degli ultimi contenziosi risale al 2007, quando l’allora governo nazionale di centrosinistra si rifiutò di versare alle nove amministrazioni provinciali dell’Isola un miliardo e 50 milioni di euro che sarebbero dovuti servire per la viabilità.
Allora i nove presidenti delle Province siciliane – e tra questi Raffaele Lombardo, che allora ricopriva il ruolo di presidente della Provincia di Catania – organizzarono una ‘marcia’ a Roma. In effetti, dopo la protesta romana il miliardo e 50 milioni fece una fugace apparizione nella bozza della finanziaria nazionale. Per poi sparire del tutto nei ‘flutti’ dell’approvazione finale.
Non solo. Fu lo sesso governo nazionale di centrosinistra a decidere, unilateralmente, di portare la quota di partecipazione della Regione alle spese sanitarie dal 43 al 49 e passa per cento. Allora il governo regionale di centrodestra cerco di opporsi. Ma fu tutto inutile.
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09 Maggio 2011, 18:26