Video Arte al Nuovo Montevergini | Il grottesco di Valentina Valentini

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26 Novembre 2009, 16:57

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Una serata dedicata all’arte contemporanea con la visione di video d’artisti.
Valentina Valentini, studiosa dei problemi dello spettacolo del Novecento, darà forma e voce ad una rassegna di opere d’arte elettronica e multimediale, realizzate dalle più interessanti personalità del mondo dell’arte contemporanea. Il percorso mette insieme opere video di diversi autori selezionati a partire da un comune sentire nei confronti della realtà: il nonsense, il rovesciare l’esperienza nel suo contrario. La parodia non tanto come imitazione rovesciata, ma come appropriazione di testi e loro decontestualizzazione (postproduction); le dimensioni dell’assurdo e del grottesco.

L’ironia delle performance di body art
La condizione dell’artista, il suo sentimento ironico nei confronti del sistema e del mondo dell’arte, è un soggetto ricorrente nelle opere video dei primi anni Settanta. La serie dei quattro film brevi di Bruce Nauman, Art Make up (N.1:  White, N.2: Pink, N.3: Green, N.4: Black) (1967-68), nei quali si vede l’artista che si applica sul viso, sulle braccia e sul torace in ciascun film un colore diverso, è una visualizzazione letterale del ruolo sociale dell’artista, il quale prevede – come nel caso dell’attore – un rituale e una maschera. In questi film Nauman non si traveste né interpreta alcun ruolo, ma si prepara simbolicamente a farlo. I programmi per la galleria televisiva, commissionati nel 1968 da Gerry Schum a vari artisti (Gino ominicis, Mario Merz, Richard Serra, Joseph Beuys, Boetti, Calzolai, Zorio, Gilbert & George e altri ), dal titolo  Identifications e Land Art, sono una elegante epitome di un momento radicalmente  destabilizzante dell’arte, all’insegna della Body Art e dell’arte concettuale che con varie strategie erodevano lo statuto del fare arte, dell’oggetto artistico e del ruolo dell’artista.

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Il grottesco
Zbigniew Rybczynski scatena il suo umorismo surreale utilizzando senza freni il dispositivo elettronico, col quale ottiene situazioni paradossali. Comuni azioni domestiche (cucinare, tagliare il pane, infilzare con la forchetta un’improbabile pietanza), costantemente reiterate e giustapposte le une alle altre con un ritmo crescente e frenetico – nei video Zupa (1974), Tango (1980) e Media (1980) – producono un sentimento di comicità allucinata da accostare allo humour nero degli spettacoli di Tadeusz Kantor. Nell’accelerazione e iterazione del quotidiano si inseriscono poi immagini traumatiche che conducono a un finale tragico. In Capriccio n. 29 (1989) l’uso del chromakey è finalizzato a creare situazioni visive paradossali in cui la comicità scaturisce dal far scontrare tempi diversi nel medesimo spazio: un personaggio, riproposto sette volte, mima con un movimento particolarmente meccanico il brano violinistico di Paganini. Nel sesto episodio il personaggio maschile, moltiplicato in due, cerca di colpire con una mazza il personaggio femminile, moltiplicato in sei; ma non riesce nell’intento perché lei esce in maniera beffarda da sei bidoni della spazzatura come se facesse cucù.
Steps (1987) è una sorta di visita guidata al film La corazzata Potemkin di Ejzenštejn: i visitatori percorrono una a una le inquadrature del film, come turisti scattano fotografie e cercano di interferire con i personaggi del film, senza peraltro riuscire a instaurare una comunicazione fra i due mondi (quello della triviale attualità dei turisti americani – il video – e la tragica solennità dello scoppio della rivoluzione in Russia – il film). Le sequenze “epiche” del film si ribellano all’inserimento dei personaggi da sit com creati dal dispositivo elettronico, e solo nel finale le due dimensioni si incontrano: il bambino nella carrozzina, che precipita dalla scalinata nella scena-madre di Ejzenštejn, si ritrova seduto nello studio televisivo: non più inquadrato in bianco e nero, sorridente, a colori e salvo. La cifra grottesca, tipica delle opere di Rybczynski, in Steps si declina come metadiscorso sui due medium: fra il tono alto del cinema e il tono basso della televisione fra i quali il video funziona da dispositivo intermedio (e agisce sul palinsesto dell’opera altrui con un raffinato gioco di sospensioni e iterazioni; per Paul Virilio, cit. in Melcher 2004, “Steps si apre su una reale terza dimensione dentro il film stesso. Il film diventa una architettura da vivere che uno può percorrere”.
Una comicità demenziale, all’insegna dell’immaginario  sessuale pervade il video di Mike Kelley, Blind Country, mentre comico giocoso, Galaxy di Sanborn con il percussionista Von Tieghem

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26 Novembre 2009, 16:57

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